Il naso gli è sempre stato un problema: appuntito e prominente, segna il suo volto, dandogli un profilo buffo e arguto. Il naso, dunque, è un problema, non la vita. Non gli ottantadue anni. E nemmeno la fatica, o la solitudine, o le sfide, o l'incapacità di relazione immediata col prossimo, se non con l'amata e temuta figura del padre. Ma il Signor Vig, protagonista del toccante e mirabile The Monastery della regista danese Pernille Rose Grønkjær, è un capolavoro di umanità immerso, come il suo castello fatiscente, in una foresta levigata dalla neve e dal sole. Occhiali sempre inforcati,  ciuffi di capelli bianchi e barba che inanella il viso, ad indicare tanti anni alle spalle e tanta saggezza, così come il suo lento procedere e parlare, il suo profondo riflettere, le sue risposte toccanti, precise, i suoi ricordi. Ha avuto da quarant'anni un'idea fissa, il nostro Signor Vig: donare al Patriarcato di Mosca il suo castello per farne un monastero, ospitando una piccola comunità di suore ortodosse. Un luogo di preghiera, di incontro, di memoria, di pace. Ma non è facile convincere suor Amvrosija, appositamente giunta da Mosca con una consorella per verificare la fattibilità dell'impresa, perché c'è da mettere mano a tutto, al riscaldamento e al tetto, alla cucina e alla chiesa, che appunto, non c'è. E al portafogli. Tra Vig e Amvrosija nasce una relazione sorprendente ed a tratti difficile: la suora russa e l'anziano olandese che si portano dietro tradizioni, pensieri, abitudini, attese. Ma lo scopo è identico e identica la sfida: creare il monastero, rendere possibile l'incontro con Dio in un mondo secolarizzato, edificare un ponte tra Oriente e Occidente, tra tutte le  Chiese. Uno spirito in fondo ecumenico, una empatia sincera e vitale pervade i protagonisti che partecipano di questa lenta trasformazione dell'edificio secolare in edificio spirituale, che è anche la trasformazione dei cuori. Insomma, questo film è un inno alla vita, alla riconciliazione, al futuro. E dimenticavo: non è assolutamente un film, è un documentario. Perché la storia è tutta vera: il Signor Vig è davvero vissuto e morto nella pace del "suo" monastero e suor Amvrosija veramente gli ha sussurrato che per anime belle come la sua le porte del Paradiso sono sicuramente spalancate.