Dopo oltre vent'anni dall'uscita in libreria arriva finalmente al cinema, grazie all'impegno di Jeff Bridges, The Giver – Il mondo di Jonas, l'epopea di un ragazzo che deve fisicamente portare addosso il peso del mondo intero. Tratto dal primo romanzo della quadrilogia firmata da Lois Lowry (Giunti editore), il film ripercorre le vicende di una società futurista, tecnologicamente all'avanguardia ma povera di emozioni. In nome della pacifica convivenza dei popoli, il governo degli Anziani (capitanato dal Premio Oscar Meryl Streep in una performance strepitosamente glaciale) ha eliminato tutte le diversità, non solo a livello climatico (non esistono né la pioggia né il sole, per intenderci) ma anche umano. Alcuni farmaci, infatti, inibiscono le emozioni e le pulsioni, impedendo ogni connessione: le relazioni interpersonali si svolgono secondo protocolli rigidi che vietano comportamenti ritenuti inaccettabili, dalle domande personali alle menzogne passando per il contatto fisico.

Non ci si innamora, al massimo si convive in serenità: i genitori del giovane protagonista, interpretati da Katie Holmes e Alexander Skarsgård, sono la prova vivente di queste convenzioni perché ligi al dovere e inamovibili. Il ragazzo ha dodici anni e si chiama Jonas (Brenton Thwaites) e, suo malgrado, viene caricato della responsabilità più grande concepita in questo sistema postapocalittico: sarà l'Accoglitore di Memorie, colui che porta con sé i ricordi delle generazioni passate per trasmetterle ad uno ed un solo uomo come sua eredità. A sua volta le riceve dal Donatore (Jeff Bridges) e pian piano quel mondo in bianco e nero in cui è abituato a vivere comincia ad acquistare colori, suoni e, poi, sensazioni di ogni genere.

Il bestseller, utilizzato come strumento didattico nel sistema scolastico di molti istituti americani, viaggia su binari diversi rispetto al film. Più introspettivo e misurato, sarebbe stato complesso da trasporre mantenendo la fedeltà assoluta alle pagine. La pellicola, quindi, si permette moltissime licenze per dare concretezza ai pensieri di Jonas e raggiunge lo scopo di aggirare la noia o la ridondanza pedagogica. Rispetta alla perfezione l'inno alla diversità del progetto originario, riflettendo il grigiore di un mondo senza cognomi né gusti né sogni. All'inizio del film Jonas dice: “Non volevo essere diverso, chi lo vorrebbe?”. In realtà la società ha deciso al posto suo e non conosce alcuna alternativa rispetto a quello che gli ha insegnato. Senza aver mai preso in mano un libro o aver sentito parlare delle antiche civiltà, è privo degli strumenti di discernimento necessari per prendere una decisione in autonomia.

Tutto, però, cambia con la conoscenza e non sono solo le orecchie e gli occhi a percepire il mondo circostante, ma il cuore e la mente: “Se non possiamo sentire – si chiede poco dopo – vivere che senso ha?”. Una delle risposte possibili è offerta appunto da questo delicato affresco diretto da Phillip Noyce e interpretato da un cast di attori emergenti dall'innegabile talento.