Ispirato a “Delitto e castigo” (1866) di Dostoievski. Siamo in Kazakistan, oggi. Nella capitale Almaty. Un timido e triste studente in filosofia affitta una camera nel seminterrato di una casa dove vive una vecchia signora, lui non ha soldi, è solo, pensa di fare un furto in un negozio, uccide. E si sente colpevole. Film bressoniano, minimalista ma non per questo superficiale, purificato, umano dentro il crimine, con sullo sfondo una società corrotta e oligarchica dove liberalizzazione non vuol dire libertà ma disuguaglianza. Una amarezza che si fa rabbia. Una rivolta contro la volgarità. Il delitto porta verso la redenzione. Film silenzioso e vibrante. La dignità ne è il perno centrale.