India Stoker, la pallida Mia Wasikowska, non ha proprio nulla della "lady vendetta". Vive con mamma Evie, Nicole Kidman propriamente inespressiva, in una casa di campagna inquietante ma non infestata da spiriti maligni. Anche se qualcosa di impuro aleggia nelle sue stanze. C'è un momento in cui il lato perverso delle cose erutta dall'animo e per la tranquilla famiglia accade quando la ragazzina compie 18 anni, giorno in cui apprende della morte del padre e a visitare le due donne arriva lo zio Charlie (M. Goode), di cui fino ad allora s'era persa notizia. Nei suoi occhi brilla malizia e depravazione. E' quel cambiamento di prospettiva delle cose e dei pensieri che preme molto raccontare a Park Chan-wook: per Stoker ha abbandonato la rappresentazione diretta del sangue e della violenza. Nato, come si narra, da misteriosi intrecci tra produttori, sceneggiatore (W. Miller) e il regista coreano, questa volta al suo primo film in lingua inglese, Stoker vive di molte e subdole emozioni. Soprattutto di molte finzioni.
Park dissemina di dettagli le scene, in cui lo sforzo è più quello di intuire che di capire (Lynch è un punto di riferimento), man mano che il senso di claustrofobia della casa si trasferisce alle menti di chi la abita: un ragno che s'arrampica sulla gamba di India mentre suona il pianoforte, lei riceve una scatola con un paio di scarpe che apre su un albero, la nonna cerca di mettere in guardia, lo zio arriva su una macchina rosso sangue. In quello spicchio di famiglia e di vita, qualcosa non va. Ordine e disordine si fronteggiano sempre, come figlia e madre. Non c'entra tanto la morale, quanto l'indole, l'impronta genetica che si trasferisce nelle generazioni. India è l'ereditiera, è in una fase di transizione che la mette in contrasto o in dipendenza con chi le sta attorno, per desiderio, per sesso, per repulsione, per odio. E nel disegnare questo profondo malessere (con le immagini e le angolazioni delle riprese, la musica di Philip Glass e il decor di Thérèse DePrez) Park si dimostra un maestro originalissimo. Pagando anche il doveroso tributo al sangue, quando alla fine gli orrori e le follie verranno a galla.