Parigi, 1977. Stella (Léora Barbara) ha 11 anni, vive "nel" bar di famiglia, a suo agio tra ubriaconi e disoccupati, ma, per volontà di genitori ottimisti quanto improvvidi, a scuola va in centro, insieme ai figli della borghesia, con ovvie difficoltà ambientali. Per fortuna, c'è Gladys (Melissa Rodriguès), figlia di esuli ebrei argentini, che diventerà la sua migliore amica.

Presentata alle Giornate degli Autori veneziane con lo slogan "i 400 colpi al femminile", l'opera terza della francese Sylvie Verheyde ne mette a segno molti meno rispetto al capolavoro di Truffaut. Se il côtè autobiografico è genuino, viceversa, lo spirito "e vissero felici e contenti (nonostante tutto)" appare a tratti inconsulto, come se mancasse la sintesi tra le gioie e i dolori del "coming to age" e la voce over della protagonista che li commenta con distacco anodino.

Nobiltà di intenti, ma irresolutezza poetica, con i turbamenti di fronte ai libri, le prime feste e l'amicizia, ovvero la consapevolezza del "mondo là fuori", che sullo schermo appaiono filtrati da una memoria troppo benevola.

Cordoglio a margine, Stella è una delle ultime interpretazioni di Guillaume Depardieu, il figlio di Gérard, scomparso il 13 ottobre.