Milano. La celebre, bellissima modella Alexandra Larsson (Burman) viene travolta da un pirata della strada. Ad indagare su quello che sbrigativamente viene considerato un "semplice incidente", arriva l'ispettore Malerba (Francesco Montanari) che, giorno dopo giorno, finisce per addentrarsi negli intrighi che regolano la quotidianità dello stilista Marinoni (Richard E. Grant), della sua famiglia, del suo compagno, dei suoi nemici, delle sue modelle, tra le quali la nuova arrivata Britt (Vanessa Hessler), ingenuo "cigno bianco" arrivato a colmare la lacuna lasciata dall'amata/odiata Alexandra. Che, da lì a poco, sarà raggiunta da altre numerose vittime.
Non era facile a priori, rimane complicato anche dopo averlo visto, comprendere quale possa essere la reazione del pubblico (in termini numerici) nei confronti di un'operazione come questa: i fratelli Vanzina riprendono il titolo di un loro successo del 1985,Sotto il vestito niente (omaggio dichiarato alBrian De Palma di Omicidio a luci rosse), per allontanarsi dall'abituale commedia e ritentare la strada del thriller: oggi, come allora, chiamano Franco Ferrini a collaborare alla sceneggiatura e, proprio come in quell'occasione, confezionano un giallo ambientato nel mondo della moda. I rimandi all'originale, però, finiscono qui: né la vicenda, né tantomeno i personaggi fanno riferimento al film del 1986 e la stessa Milano - centro nevralgico da cui tutto parte per poi svilupparsi in altre numerose località (comprese la Svizzera e la Svezia) - non è più quella "da bere" di un tempo.
Decisamente controcorrente rispetto all'attuale, incredibile successo delle commedie tricolori, i fratelli Vanzina dimostrano innegabile attenzione alle convenzioni del genere, non tralasciando durante tutto il corso del film strizzatine d'occhio ed omaggi tanto ai grandi classici (una scena sulla panchina a Cernobbio ispirata a Notorious di Hitchcock) quanto a recenti fenomeni, come la trilogia letteraria "Millennium" firmata da Stieg Larsson, stesso cognome della modella che muore all'inizio del film.
Ma le cose da salvare, insieme alle musiche di Pino Donaggio (già autore anche nel 1985) e agli sforzi di Montanari di allontanarsi con normalità (e accento siculo...) dal personaggio icona del Libanese che l'ha portato alla ribalta, finiscono qui: non serve molta immaginazione per capire sin dalle prime battute chi sarà l'assassino, non convince pienamente lo sviluppo finale della vicenda e, soprattutto, alcuni dialoghi e situazioni (vedi la sequenza del pedinamento di un sospettato, o quella dell'intrusione notturna in casa di Britt) lasciano davvero a desiderare.