Avete amato Ricky di François Ozon e siete usciti dalla sala con la curiosità di sapere che fine possa aver mai fatto il piccolo protagonista volato via tra le nuvole? Non perdete Skellig di Annabel Jankel, titolo di apertura della sezione Alice nella città, potreste trovare una plausibile risposta. Tratto dall'omonimo romanzo di David Almond, Skellig ha del resto molti tratti in comune con Ricky, tra i quali in primo luogo il magico equilibrio tra fantasy e realismo e un protagonista appena affacciatosi alla vita.
Michael, l'eroe di Skellig, non è però un neonato ma un decenne senza segni particolari che come tanti altri coetanei sta stretto tra le mura domestiche e vuole conoscere il mondo esterno. L'occasione per avventurarsi in universi sconosciuti gliela offrono due avvenimenti apparentemente negativi, il trasferimento in una nuova casa e la nascita di una sorellina con problemi cardiaci. Mentre i genitori sono al capezzale della bimba, il nostro si imbatte in uno strano personaggio che vive in una capanna ai margini del terreno della proprietà di famiglia. Forse è un barbone, forse un misantropo disperato che ha deciso di lasciarsi morire, sicuramente è il più eccentrico tra gli adulti che Michael abbia mai incontrato: si nutre di scarafaggi e lumache, vive in simbiosi con la natura ma soprattutto è dotato di ali. Che sia un angelo o il rappresentante di una nuova specie poco importa: a contare è che, come in ogni romanzo di formazione che si rispetti, con la sua presenza generi nel protagonista un cortocircuito emotivo in grado di arricchirlo e indurlo a guardare il futuro con altri occhi.
Profondo eppure leggero, ricco di significati ma capace di divertire, Skellig è un riuscito ed efficace esempio di cinema per ragazzi che porta a chiedersi perché in Italia non si producano film così. Vero che non è nelle nostre specificità, però è un peccato che non si scommetta su opere tutto sommato semplici, pensate per appagare bambini e adolescenti senza ricorrere a streghe leziose, maghetti, supereroi. Una ricetta di non impossibile realizzazione perché in fondo si tratta di raccontare ancora una volta la storia ben nota del difficile passaggio tra l'infanzia e l'adolescenza, momento doloroso quanto esaltante e magico nella vita di ogni bambino. Certo poi, ammesso di incappare negli sceneggiatori giusti, si dovrebbe trovare un interprete bravo come Bill Milner e magari mettergli accanto anche un simil Tim Roth, l'uomo-uccello, uno che non ha bisogno di trucco per sembrare un rapace. Speriamo che qualche produttore risponda all'appello perché dell'ennesima versione di "Pinocchio" non se ne può veramente più.