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Nicola Borrelli (foto di Karen Di Paola)
Il direttore generale Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura, Nicola Borrelli, si è dimesso. A comunicarlo, in una nota diffusa nella serata di ieri, è stato lo stesso ministro Alessandro Giuli, che ha preso atto della decisione e ha ringraziato Borrelli “confermandogli la propria stima per il lavoro svolto fin qui”.
Una decisione arrivata all’indomani delle polemiche e degli sviluppi investigativi legati al caso di Francis Kaufmann, il regista e produttore statunitense accusato del duplice omicidio della compagna Anastasia Trofimova e della figlia di 11 mesi, Andromeda, trovate morte lo scorso 7 giugno a Villa Pamphili, a Roma.
Il nome di Kaufmann era emerso anche in relazione al film Stelle della Notte, mai distribuito, per il quale era stato richiesto e, forse, ottenuto un finanziamento pubblico sotto forma di tax credit pari a 863mila euro. La Procura di Roma ha acquisito la documentazione relativa alla pratica dal Ministero della Cultura per accertare se quei fondi siano stati solo deliberati o effettivamente erogati. Gli inquirenti non escludono l’apertura di un ulteriore fascicolo, in cui lo stesso Kaufmann potrebbe risultare parte lesa in una tentata truffa ai danni dello Stato.
È in questo clima che arrivano le dimissioni di Borrelli, alla guida della Direzione Cinema e Audiovisivo dal 2020, ma con una lunga esperienza nel settore. Beneventano, classe 1967, laureato in Economia, Borrelli era entrato nella pubblica amministrazione nel 1997. Dopo anni al Dipartimento dello Spettacolo, aveva diretto la DG Cinema già tra il 2009 e il 2019, contribuendo in modo decisivo alla riforma del sistema di finanziamento pubblico al cinema italiano e all’elaborazione delle norme sul tax credit.
Nessun riferimento diretto al caso Kaufmann nella nota del ministro, né da parte di Borrelli, che non ha rilasciato dichiarazioni. Resta da capire se le dimissioni siano da leggersi come un gesto di responsabilità per una vicenda ancora in fase istruttoria o se si tratti di una decisione maturata per altre ragioni, magari politiche, in un contesto ministeriale già segnato da tensioni.
Al momento, non è stato indicato il nome di un successore. Nel frattempo, resta aperto il nodo della trasparenza e del controllo sui meccanismi di erogazione dei fondi pubblici all’audiovisivo, un settore vitale per la cultura italiana ma sempre più esposto a speculazioni e opacità.