No, il Sapore non se ne va. Almeno, nel titolo. 30 anni dopo il cult da dieci miliardi di lire Sapore di mare, i fratelli Carlo (regista e sceneggiatore) ed Enrico (sceneggiatore) Vanzina tornano con Sapore di te a Forte dei Marmi, senza riprendere i personaggi dell'originale, ma la datazione: 1983 per iniziare, e poi le estati del 1984 e 1985, per arrivare al 2013.
Dunque, revival anni '80, con Spandau Ballet e Cindy Lauper, nonché Tropicana e i Ricchi e Poveri in colonna sonora, e il promesso ”spaccato della società italiana di allora”. Dal politico socialista (Vincenzo Salemme) che ha una soubrette di Drive In (Serena Autieri) per amante al commerciante romano che gli chiede un aiutino (Maurizio Mattioli, super), dagli sposini inquieti (Martina Stella e Giorgio Pasotti) agli adolescenti più o meno borghesi di Roma e Milano (Katy Saunders, Eugenio Franceschini, Matteo Leoni) che si provano tra amorini balneari, amorazzi estivi e, forse, l'amore.
I Vanzina ci credono, se nel 1983 si celebrarono i '60 con Christian De Sica e Virna Lisi, ora i “grandi nomi” latitano, ma il problema non è quello: le tassonomie da bignamino (pseudo)nostalgico - dal gatto Mao Tse-tung al Giornale di Montanelli, dall'immancabile Bettino alle avvisaglie di Tangentopoli - si mettono in fila, ma la forma – eccetto per la “valorizzazione” del corpo femminile senza volgarità – è a tirar via e il “buona la prima” deve aver imperato, ma soprattutto: cui prodest?  Tornano in mente i telefoni bianchi, sotto la voce poco “splendida inattualità”, e una domanda non se ne va: quale pubblico e, Vanzina cari, quale senso in questo diorama? “Oh I want the truth to be said”, cantavano gli Spandau: invano?