L'idillio di un'infanzia africana. Lo shock dell'incidente che gli portò via la mamma. Poi il rientro in Italia, l'amore e la separazione da Cinzia (Jasmine Trinca), la morte di Chet Baker, della quale ritenne responsabili "le sue scale in mi minore". E' un Kim Rossi Stuart ancora alle prese con l'instabilità mentale (dopo Senza pelle di D'Alatri) ad interpretare Luca Flores, pianista jazz morto suicida a 39 anni. Riccardo Milani torna ad un film per il cinema partendo dal libro di Walter Veltroni (Il disco del mondo - vita breve di Luca Flores, musicista) e gestisce il racconto in maniera "ordinaria", servendosi però di un attore straordinario, capace da "solo" di assorbire e riprodurre il dolore di un ragazzo comune dal talento eccezionale, ingabbiato nel ricordo di una madre (Sandra Ceccarelli) perduta troppo presto, incapace di comunicare con il mondo se non attraverso la musica ma poco interessato all'affermazione artistica e ad apparire. Fosse per lui, passerebbe le giornate chiuso in una stanza, chino sul pianoforte: la dispersione della famiglia è un qualcosa che non può accettare e, allo stesso tempo, combattere. La cronica assenza di un padre geologo (Michele Placido), il rapporto distaccato con la sorella e il fratello maggiore, la stessa sintonia con Baba (Paola Cortellesi), sorella coetanea ed unica ad aver vissuto insieme a lui il trauma dell'incidente d'auto in cui morì la madre, sono tutti elementi ben tratteggiati nel film di Milani, che soffre però a causa di un'inesplosione formale alle lunghe controproducente. Quello che resta, oltre alla solita, perfetta, dolente maschera di Kim Rossi Stuart (e ai componimenti trascinanti dello stesso Flores, riarrangiati da Stefano Bollani al piano e Roberto Gatto alla batteria) è una chiusura che non si può dimenticare, con quei filmini in super8 realizzati dal papà di Luca quando, tutti insieme, i componenti della famiglia Flores si ritrovavano sulle rive di mari africani.