A una decina d'anni dall'horror The Blair Witch Project, che per le modalità di realizzazione – e soprattutto di promozione - attirò su di sé consensi entusiasti quanto ferocissime critiche, arriva nei cinema italiani lo statunitense Paranormal Activity, che in patria ha incassato cifre favolose – a fronte di un budget di 15.000 dollari – e probabilmente destinato anche da noi a polarizzare il pubblico tra sostenitori e non. Con il lungometraggio diretto da Myrick e Sanchez, Paranormal Activity condivide la falsa matrice autorial-documentaristica e un viral marketing non dissimile per aggressività e modalità: il primo trailer in circolazione mostrava poco del film e molto del pubblico in sala che atterrito e sconvolto lo guardava, e invitava a prenotare una copia del film nella propria città attraverso un sito internet. È così che questo piccolo horror indipendente girato nel 2007 da Oren Peli ha iniziato un percorso distributivo atipico nelle università statunitensi, affidando il proprio successo tanto al passaparola quanto a informazioni ufficiali rilasciate con il contagocce, fino ad attirare l'attenzione di Spielberg, che ben presto abbandonò l'idea iniziale di far girare daccapo il film con mezzi più adeguati.
Peli ambienta l'intera vicenda nella bella villetta – la vera abitazione del regista - in cui i giovani Micah e Katie (discreta l'interpretazione degli attori esordienti) si sono appena trasferiti, portandosi dietro il demone che tormenta la giovane fin da bambina e che di notte muove oggetti e sbatte porte. Micah decide di riprendere ogni momento della loro vita, ma improvvisarsi detective-demonologo si rivela un'idea poco felice, soprattutto per lo spettatore costretto a sorbirsi lunghe sessioni notturne della coppia dormiente, in cui troppo poco di paranormale accade. Molti si sono felicemente terrorizzati, mentre certa critica ha gridato al ritorno dell'horror caro a Tourneur, confondendo nella migliore delle ipotesi la suspense d'autore con la monotonia.