Michael (Patrick Cupo) ha una vita tutto sommato dignitosa, una moglie in dolce attesa, un lavoro in cui è riuscito a farsi apprezzare col tempo e un amico, Carmine, sempre pronto ad aiutarlo. L'unico guaio è che proprio non riesce a darsi un freno con le scommesse sui cavalli. E questa inguaribile mania lo porterà dapprima sul lastrico, poi a dover fare i conti con un violento strozzino (Chazz Palminteri) che arriverà a minacciare anche la sua famiglia. Improbabile e fastidioso apologo sulle dinamiche inerenti la sfera dei "giocatori compulsivi", One Last Ride lascia interdetti per il pressapochismo e la facilità con cui tutta una serie di luoghi comuni viene portata avanti. Lo sviluppo gangsteristico della vicenda e le apparizioni di un padre (Robert Davi, ex cattivo de I Goonies) simil sosia Humphrey Bogart in Provaci ancora Sam, poi, sono da antologia del cinema di serie z. Cosa mai potrà aver convinto Ang Lee (al quale consigliamo di dedicarsi solo ed esclusivamente alla regia) a produrre tale, obbrobriosa versione "drama" di Febbre da cavallo? Un indizio lo fornisce il pressbook della pellicola: studente sconosciuto del primo anno alla New York University, Ang Lee incontrò Patrick Cupo durante un'audizione e lo scelse come attore principale di un suo film giovanile. Ne seguirono altri e poi firmarono la sceneggiatura di un film (Final Line) che vide esordire Chazz Palminteri (qui davvero esilarante con la benda sull'occhio), cugino di Cupo. Che scriverà poi questo One Last Ride, naturalmente interpretandolo da protagonista, e non potrà fare meglio che riunire amici e parenti per realizzarlo. Affidando la direzione a Tony Vitale, regista semisconosciuto al suo quarto lungometraggio.