Notte, il 50enne Ossorio (Pascal Greggory) arriva esausto alla stazione dei treni, insieme a una folla di profughi e soldati sconfitti. E' tornato in città per incontrare la donna che ama, ma tutto è drasticamente cambiato: opposte fazioni si danno battaglia, mentre la polizia segreta semina il terrore.
E' una notte da cani: Nuit de chien di Werner Schroeter, in concorso a Venezia. Con Rainer Werner Fassbinder, Schroeter è uno degli artefici del Nuovo Cinema tedesco degli anni '70 e '80: il suo capolavoro è Palermo or Wolfsburg, protagonista un immigrato siciliano in Germania, premiato con l'Orso d'Oro alla Berlinale nel 1980.
Un grande passato giustifica l'inserimento in concorso di un presente ridotto ai minimi termini? Per il direttore e i selezionatori della Mostra, sì.
Ecco allora Nuit de chien, adattamento firmato da Gilles Taurand (Nettoyage à sec, Osella d'Oro al Lido nel '97) dall'omonimo romanzo dell'uruguayano Juan Carlos Onetti edito nel 1943 e ispirato alla guerra civile spagnola.
Guerra intestina, e medesima è la conflittualità del film, che affastella, senza un rintracciabile perché, volti, discorsi, ricerche, morti e dispersi, andando dritto dritto fino al naufragio drammaturgico. Oscura è la notte, e pure la poetica di Schroeter, che cerca il voltaggio morale e la parabola anti-bellica, ma cade su un terreno duro, ostico e sterile, su cui ben presto si infrange la pazienza e l'interesse dello spettatore.
Facile, dunque, sentirsi trattati da cani, nonostante un cast di livello: accanto a Greggory, buona ma futile la sua prova, Bulle Ogier, Bruno Todeschini e Sami Frey. La sveglia di Schroeter è puntata sul futuro prossimo distopico: suona per tutto il film, ma senza svegliare lo spettatore.