Dal 1988 di Nico (vincitore in Orizzonti nel 2017) al 1898 di Eleanor “Tussy” Marx (anno in cui si tolse la vita), in concorso al Lido per il Leone d’Oro.

Prosegue il viaggio nel tempo del cinema di Susanna Nicchiarelli (percorso iniziato nel 2009 con Cosmonauta), che ancora una volta mette al centro del suo film una figura femminile “di rottura”, antesignana, proiettata nel futuro: Miss Marx.

Sestogenita e quarta figlia femmina del celebre filosofo, economista, storico tedesco, Eleanor è tra le prime donne ad avvicinare i temi del femminismo e del socialismo, partecipa alle lotte operaie, combatte per i diritti delle donne e l’abolizione del lavoro minorile. Quando, nel 1883, incontra Edward Aveling, la sua vita cambia per sempre, travolta da un amore appassionato ma dal destino tragico.

Ed è proprio l’ultimo quindicennio di vita di Tussy – questo il suo soprannome sin da bambina – che Susanna Nicchiarelli tenta di “inquadrare”, tra contaminazioni punk-rock e materiale d’archivio che si alternano alla ricostruzione (impeccabile) di ambienti londinesi e atmosfere, grazie ad un ottimo lavoro su scenografie e costumi.

Dall’emozionante elogio funebre sulla tomba del padre (così si apre il film), dove rievoca la straordinaria storia d’amore tra Karl e la mamma Jenny, morta solamente due anni prima, agli accorati pamphlet anticapitalisti, in difesa dei lavoratori, della condizione femminile: in mezzo la sfera privata di Eleanor, dal rapporto con il vecchio amico paterno Engels a quello con la governante chioccia Helene, con il nipotino Johnny (figlio della sorella Jenny Caroline, morta anche lei nel 1883 come Karl) e, soprattutto, con il nuovo compagno Edward Aveling (Patrick Kennedy), socialista e autore di commedie teatrali, malvisto dal movimento per i continui sperperi economici e per la condotta non propriamente morigerata.

È su questa profonda, umana contraddizione, che si poggia lo sguardo della regista romana (anche autrice della sceneggiatura), sulla “fragilità delle illusioni e sulla tossicità di certe relazioni sentimentali”, per parlare di ieri, sì, ma attualizzando con forza l’urgenza di tematiche “talmente moderne da essere, ancora oggi, oltre un secolo dopo, rivoluzionarie”.

Miss Marx di Susanna Nicchiarelli

Eleanor va per la sua strada, coltiva la passione per il teatro, interpreta Nora in una apprezzata rielaborazione di Casa di bambole di Ibsen, combatte anche oltreoceano e affronta – sempre a testa alta – i colpi che le sorprese della vita privata le riservano (la scoperta di un figlio segreto di Karl, le menzogne del compagno), ritornando spesso con la mente a quei pomeriggi da bambina, nello studio del padre (Philip Gröning), tra silenzi e sguardi di affetto incrociato.

Per certi versi sembra dunque di assistere – con le dovute differenze – ad un’operazione simile al Giovane favoloso martoniano, film meraviglioso che permetteva di “non guardare più a Leopardi, ma di guardare con Leopardi”: ecco, Susanna Nicchiarelli chiede alla sua protagonista, la versatile Romola Garai (qualche anno fa nel cast di Suffragette), un’adesione al personaggio che non necessariamente rimanga ancorata ai dettami storiografici dell’epoca, ma che – anche dialogando direttamente con lo spettatore (vedi quei rischiosissimi monologhi face to face con la macchina da presa) – finisca letteralmente, platealmente per liberarsi delle scomode vesti che i dogmi del tempo imponevano.

Con quel ballo solitario e scatenato del finale (immortalato anche nella locandina del film) ad anticipare, idealmente, il passaggio di Eleanor dalla Londra di fine Ottocento ai giorni nostri.

Miss Marx
Miss Marx
Miss Marx

Indubbio il respiro internazionale (coproduzione italo-belga), con qualche strizzatina d’occhio di troppo a logiche da “manifesto”, Miss Marx – considerato il momento storico e il peso che potrà avere Cate Blanchett come presidente di Giuria – può tranquillamente assicurarsi un posto di prestigio nel palmares veneziano.