Giovani, carini (?) e isolati. Se Hunger Games non vi ha sfamato, Ender's Game non v'ha sfinito (e Lost non v'ha perso del tutto), ecco Maze Runner – Il labirinto, adattamento del primo capitolo della saga bestseller di James Dashner.

Una radura, un gruppo di ragazzi, una via di fuga da cercare nel labirinto che circoscrive quell'hortus conclusus. Sono lì da anni i primi ragazzi, e ogni mese se ne aggiunge uno: l'ultimo – il nome lo ricorderà solo in un secondo tempo – è Thomas (Dylan O'Brien), che come gli altri si sveglia in un montacarichi senza un perché, senza un ricordo. A succedergli è una ragazza, la prima e l'ultima: qualcosa sta cambiando, la salvezza è forse possibile?

Meglio di Ender's Game, peggio di Hunger Games, ma poco importa: il focus è allegorico (non esageriamo: smaccatamente metaforico), l'esclusione dal mondo dei giovani d'oggi con tutti i derivati antropo-socio-piscologici vari ed eventuali. Fatevi sotto, ma non cercate empatia, adrenalina o emozioni forti: gioventù sedata, e non solo sullo schermo.