Mare, mare, mare, voglio annegare… Lo cantava Battiato, ma vale anche a Taranto: perché quando il mare ce l'hai, che fai? Se non muori per l'Ilva, finisci ammazzato dal mafiosetto di quartiere, nella fattispecie il Paolo VI. In altre parole, è un Marpiccolo, chiuso, asfittico, malsano. Meglio cambiare acque: ci proverà Tiziano, lo straordinario esordiente Giulio Beranek (calcio e circo in curriculum), con un padre per cattivo esempio, una madre eco-guerrigliera (Anna Ferruzzo), qualche traffico e un amore abbastanza disperato.
Tratto dal libro Stupido di Andrea Cotti, nel cast anche Colangeli e la Carnelutti, Marpiccolo è discretamente diretto da Alessandro di Robilant (Il giudice ragazzino), senza picchi né burroni. Se l'Ilva rimane sfondo minaccioso e un filo pretestuoso, il focus è sul romanzo di (de)formazione di Tiziano, cresciuto a pane (poco) e lavoretti per il boss. Che con il volto ispirato e la testa rasata del bravo Michele Riondino ci fa pensare al Passato è una terra straniera di Vicari, domiciliato a Bari e stilisticamente altra (migliore) cosa. Ma qui è il presente a essere straniero: almeno nelle intenzioni di Tiziano, che vuole fuggire per (ri)farsi una vita. Da parte sua, il film lo asseconda, concedendosi perfino un'inconsulta parentesi onirica (?) nel finale. A fin di bene: e chiudiamo un occhio pure noi.