Quando ha girato L'Anticristo Lars von Trier era appena uscito da una grande depressione. Prima di realizzare Los abrazos rotos Pedro Almodovar ha sofferto a lungo di emicranie. Le crisi erano talmente forti che a malapena riusciva a mettere i piedi fuori di casa. In quei mesi ha incominciato a pensare a una storia. Una volta guarito è rimasto in parte fotosensibile. La paura della luce (tema che ricorre anche in Tetro di Coppola) gli è rimasta dentro. La trama che gli ronzava in testa è diventata quella di un autore che ha perduto la vista dopo un grave trauma, incipit di Los abrazos rotos, in concorso a Cannes e applaudito alla proiezione della stampa. Uno dei più malinconici da lui realizzati, il meno "convenzionale" della sua carriera e il più rigoroso allo stesso tempo. L'amore tra la sua musa Penelope Cruz e un regista che sta per girare un film: "Chicas y Maletas". Passione tumultuosa e destinata alla tragedia, fato od omicidio colposo? Per continuare a vivere Mateo Blanco (Lluìs Homar) che ha perso la donna che amava e anche la vista, si trasforma in Harry Caine. Ma il plot è solo un pretesto per Almodovar che, in un crescendo di depistaggi e colpi di scena, trasforma la Cruz in una bellezza torrida e fatale, e dissemina di citazioni il suo diciassettesimo film. Un omaggio appassionato al mondo del cinema: da Tonino Guerra, che Pedro stima molto, a Jeanne Moreau ("la amo tantissimo") a Viaggio in Italia di Roberto Rossellini. La scena della scala da cui precipita Penelope Cruz contiene tutto l'immaginario cinematografico. "Nella mia testa - racconta - ho rivisto Via col vento, Psycho, Peccato mortale, Il Padrino Parte terza". In Spagna le recensioni non sono state favorevoli, speriamo che Cannes non sia il canto del cigno.