Roger Greenberg (Stiller), reduce da un esaurimento nervoso, torna nella natìa Los Angeles per sei settimane, ospite di suo fratello Philip. Avere a che fare con gli amici del passato, con cui aveva bruscamente interrotto i rapporti quindici anni prima, e intrecciare una relazione con la giovane Florence (Greta Gerwig), sembrerebbe l'occasione per mettere in discussione alcune scelte che hanno avuto ripercussioni sulle vite di molti, ma forse non tutti vivono proiettati verso qualcosa che è definitivamente concluso.
Ne Lo stravagante mondo di Greenberg (avvilente il titolo italiano) si respira la crepuscolare aria di tante situazioni narrate da Carver: la vaga inquietudine su quel che poteva essere, la quotidianità protesa verso un futuro indifferente, persino le feste in piscina piene di bambini, tra birre e chiacchiere circostanziali. Il film è sorprendentemente lucido nel mettere a nudo l'universale necessità di essere amati, sottendendo una divisione netta tra chi è consapevole di essere “un valore” e chi ancora arranca verso una rivelazione esterna. L'accuratissimo script è ben servito da una recitazione trattenuta, che ben si presta all'atmosfera rarefatta che si respira. Stiller mai visto così disperato, magro, con il volto tirato.