Diavolo d'un Pazuzu! Dopo aver messo a soqquadro la vita, la casa e la camera da letto di Linda Blair a Washington nel 1973 - complice William Friedkin - e creato non pochi grattacapi a mamma, medici e sacerdoti, scopriamo che qualche decennio prima aveva preso stabile dimora in Kenya, nientemeno che nell'esatto luogo il cui il suo padrone, lucifero, era stato precipitato, sconvolgendo anche lì le abitudini tribali degli abitanti e quelle missionarie di alcuni uomini e donne di buon cuore. Non contento, il nostro diavolo assiro sembrerebbe essersi gettato fin dal principio a capofitto anche nella produzione di questo cosiddetto prequel, L'esorcista: la genesi, creando ritardi, sostituzioni, incidenti, litigi che hanno sicuramente nuociuto all'esito di un progetto partito oltre due anni fa e che poteva approdare forse a migliori risultati. In successione: dopo aver evitato il primo candidato alla regia, tale Tom McLoughlin, pronto per realizzare un B movie, arriva John Frankenheimer che accetta di girare il film e chiama Liam Neeson nella parte di Padre Merrin (lo ricordate? Era Max Von Sydow) con partecipazione straordinaria di Alessandra Martines. Bene. Anzi, male, perché il regista muore nel luglio del 2002. Il progetto si blocca, poi passa a Paul Schrader. Cambia anche il protagonista. Tocca allo svedese Stellan Skarsgård interpretare il coraggioso sacerdote. Non si gira più in Marocco, Stati Uniti e Inghilterra, ma tutto a Roma. Per fortuna con le luci di Vittorio Storaro. Si arriva quasi alla fine. Ma stavolta è il produttore, Jim Robinson, a scombinare le carte: questo Esorcista non funziona, troppo metafisico, troppo poco sangue. Via il regista e arriva il mediocre Renny Harlin. Il quale, dopo essersi rotto una gamba per un incidente automobilistico due settimane prima dell'inizio delle nuove riprese, le riesce finalmente a terminare, avendo rifatto il 90% del precedente film di Schrader ed inserito nel cast l'ex "bond girl" Isabella Scorupco. Fin dall'inizio, poi, William Peter Blatty, l'autore del primo romanzo ed il regista del secondo sequel, non si è trattenuto dallo sparare a zero (e forse giustamente) sul nuovo soggetto di Caleb Carr. Che, in effetti, non racconta nulla di nuovo e non si aggancia minimamente alla successiva, terribile storia della dodicenne Regan. Lei faceva sì una gran impressione, qui Pazuzu sembra assai più disorientato e alla ricerca di un film degno di lui.