Le avventure di Tintin - Il segreto dell'Unicorno ha una lunga genesi alle spalle, iniziata ben trent'anni fa. Il colpo di fulmine tra Steven Spielberg e il piccolo reporter nato dalla penna del belga Hergé risale al 1981, quando a Parigi per la promozione de I predatori dell'Arca perduta, un critico accosta l'archeologo Harrison Ford al giornalista-detective dei fumetti. Spielberg compra immediatamente gli album di Tintin e la sera stessa, nella sua stanza d'albergo, incomincia a leggere. Passeranno due anni prima che Spielberg e Hergé fissino un appuntamento, che non avrà mai luogo, perché lo scrittore muore improvvisamente, non senza aver ribadito la sua fiducia assoluta nel talento di Spielberg.
In mezzo succedono tante cose ma Spielberg non smette di pensare al ragazzino dal ciuffo rosso: in comune con Indiana Jones ha il gusto per il rischio e la vocazione a mettersi nei guai. E se al contrario di Jones è apparentemente misogino (nel mondo di Tintin non ci sono donne, una cantante d'opera, l'Usignolo milanese, fa capolino ed è una caricatura), come Indiana insegue i cattivi e risolve indovinelli. Girato in motion capture, con attori in carne e ossa che “animano” personaggi veri e propri (dalla parte dei buoni Andy Serkis e Jamie Bell mentre Daniel Craig è cattivo da far paura) e altri digitali indimenticabili (il delizioso cagnetto Milù) è una meraviglia continua, partorita dalla mente di un abile fanciullo, lo stesso che da decenni ci racconta le favole più belle. Duelli spettacolari (agli effetti speciali c'è Peter Jackson), atmosfere noir anni '40, discese mozzafiato e autocitazioni (quella dello Squalo è davvero divertente): Tintin diventa magicamente tridimensionale senza perdere le caratteristiche dell'originale.