L'attimo fuggente, il tempo che rimane, il passato che non passa, la carnalità che non c'è un domani. Tre ore tre di gioia per gli occhi, piacere sensuale, natura senza naturalismo, verità senza verismo, vita catturata, senza allitterazioni, senza letteratura, senza arte a priori. La vita non è un film, questo film è la vita: un paradosso, ma solo per chi – vi rifarete, dovete – non l'ha visto. Il film è eccezionale, il palmares di Cannes 65 ha confermato: Palma d'Oro per tre, perché sono tutti e tre eccelsi, perché sono tutti e tre uno, inscindibile, unico, film. La vie d'Adèle (La vita di Adele), ovvero Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux, le due attrici, e il loro empatico condottiero, Abdel Kechiche. Non l'arte-vita, bensì, il cinema fatto vita. No, non il contrario: alla vita fatta cinema siamo già abituati, qui è la camera, il meccanismo, che non solo riprende la vita, ma si fa una nuova vita.
Come? Scomparendo, togliendosi di mezzo, rimanendo attaccato ad Adele e Lea, Adele ed Emma, senza farsi più vedere: la macchina da presa è la presa sul reale, la presa di vita, punto e stop. Via la macchina. Si va a piedi, nudi, per queste immagini, per questi battiti.Siamo a Lille, le compagne di scuola incalzano, la 15enne Adèle (Exarchopoulos) prova a farsi il ragazzo, che è pure carino e sensibile, ma non va. Non può andare. Adèle vuole altro, Adèle non vuole dirsi le bugie, vuole dire se stessa: le basta incrociare lo sguardo per strada, e trovare un flash blu. I capelli blu di Emma (Seidoux), sopra gli occhi blu di Emma, sulla testa d'artista di Emma. Emma è arte, Adèle naiveté, entrambe umane, umanissime. Si trovano, Adèle cresce, insegna a scuola e impara a vivere: una passione totalizzante, lei e Emma sono ovunque, sono sopra tutto. Sono amore fatto carne, e viceversa. Fanno sesso, esplicito come Kechiche inquadra, esplicitamente amoroso come vita vorrebbe: incontro di amorosi sensi, sensi fatti amore. Senza tempo: sì, un domani non c'è. Purtroppo, non c'è davvero: Emma ha amici intellettuali e un'amica speciale, Adèle non regge: l'inferiorità tradisce, Adèle tradisce, perdendosi, perdendo Emma.
Eppure (la graphic novel che ha ispirato) Il blu è un colore caldo, e Kechiche ha un cinema bollente: oltre l'educazione sentimentale e il Bildungsroman, oltre la Vie de Marianne di Marivaux, oltre il dissidio sartriano tra essenza ed esistenza, questa succulenta, illetterata, umida e umanissima tranche de vie era destinata alla Palma, soprattutto, è destinata a rimanere. Le vite passano, questa rimarrà. E non solo al cinema: sentirsene parte, sentire la propria vita parte di quel che vediamo, e viceversa, non è la solita, talvolta stolida, immedesimazione. Ma condivisione: siamo vivi, ergo, questa vita è per noi. Anzi, di noi.