"Siamo un gruppo di lavoratori dello spettacolo...". Sabina Guzzanti cita il Volonté di Tre ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli, cortometraggio di Elio Petri realizzato nel 1970, per introdurre lo spettatore alla visione del suo nuovo lavoro da regista, La trattativa. Come da titolo, il film ricostruisce - "attraverso documenti e fatti accertati" - il percorso a dir poco accidentato che ha portato alla cosiddetta "trattativa Stato-Mafia". Per farlo, la Guzzanti costruisce un meccanismo narrativo che, mescolando materiali d'archivio e fiction, riesce a passare con disinvoltura dal documentario alla finzione, chiamando a raccolta una serie di attori (da Enzo Lombardo a Ninni Bruschetta, da Sabino Civilleri a Filippo Luna, da Franz Cantalupo a Michele Franco, da Maurizio Bologna alla Guzzanti stessa), che interpretano di volta in volta i protagonisti della vicenda.

Si parte dal pentito Gaspare Spatuzza (e dal concetto di grazia...), si passa a Vito e Massimo Ciancimino, si arriva a Giancarlo Caselli e al colonnello Mori, al colonnello Riccio e all'informatore Ilardo, si finisce con Dell'Utri e Berlusconi. Una storia, quella della Trattativa, che trova origine agli inizi degli anni '90: che cosa fece lo Stato per mettere fine alle stragi di stampo mafioso? Che cosa accadde, di preciso, all'indomani delle bombe che uccisero a breve distanza Falcone e Borsellino? Perché, nel 1994, l'attentato previsto allo Stadio Olimpico di Roma (quello in cui Spatuzza doveva "ammazzare 1.000 carabinieri"...), non andato in porto per un malfunzionamento del congegno, non venne poi effettivamente portato a termine? Che cosa ha significato, arrivando al dunque, la nascita e l'affermazione politica di Forza Italia, partito di Silvio Berlusconi "nato da un'idea di Marcello Dell'Utri"?...

Sabina Guzzanti - anche grazie al suggestivo uso delle luci di Daniele Ciprì - dimostra di saper controllare, anche visivamente, lo sviluppo delle argomentazioni e dei fatti, riportando in superficie le origini di un mutamento così repentino e drammatico per la democrazia del nostro paese. Come al solito, l'autrice di Viva Zapatero! e Draquila non soffre di alcun timore reverenziale, chiama in ballo Napolitano (cui vengono addebitate pressioni su Pietro Grasso e la Cassazione per scagionare Mancino: “Ogni parola del film è stata controllata all'infinito, anche con l'aiuto del giornalista di Report Giorgio Mottola: abbiamo verificato tutto, e queste pressioni sono documentate. Napolitano si è legato al processo sulla trattativa per sua decisione, con interventi a gamba tesa e violenti sulla Procura di Palermo”, dice la Guzzanti) e altre importanti cariche dello Stato, ma a differenza dei suoi lavori precedenti riesce (non del tutto, certo...) a "scansarsi" dall'oggetto dell'inchiesta (evitando i soliti, fastidiosi effetti à la Michael Moore, per intenderci), realizzando un film che poco o nulla aggiunge a questioni già rese note attraverso altri canali, ma con il grande merito di potersi rivolgere ad un grande numero di persone che, magari, non leggono i giornali. Ammesso decidano di andarlo a vedere...
Perché - e qui ci sentiamo di essere d'accordo con lei - "un conto è dire che lo Stato e la Mafia sono la stessa cosa, un'altra informarsi sulla realtà dei fatti. L'idea generica è nemica di un'idea precisa: quali fasce di istituzioni, tuttora al comando, hanno preso queste decisioni? Da dove viene l'Italia che abbiamo sotto gli occhi? Questo film dà tutte le spiegazioni che servono". Didattico, ma necessario.