Dopo Nati stanchi e Il 7 e l'8, Ficarra e Picone diventano parenti per il loro terzo film, La matassa, diretto (come il precedente) dal duo insieme a Giambattista Avellino. Cugini molto uniti nell'infanzia, ora lontanissimi a causa di un litigio che anni prima coinvolse i rispettivi genitori. Oggi, Gaetano (Ficarra) è titolare di una sgangherata agenzia matrimoniale che "assolda" anziani con i giorni contati per spose in cerca di cittadinanza, mentre Paolo (Picone) porta avanti il lavoro del padre, titolare del decadente Albergo Geraci a Catania e oggetto della contesa anni addietro. Proprio alla morte del genitore, i due cugini si rincontreranno per caso: truffaldino e carnefice uno, ipocondriaco e ingenuo il secondo, riusciranno a sotterrare l'ascia di guerra
Fedeli alla linea, Ficarra e Picone tornano al cinema senza snaturare la componente "classica" della loro comicità, poggiata sin dagli esordi sul contrasto caratteriale del duo, sul dinamismo vs. immobilismo che ha già fatto la grandezza di storiche accoppiate sia del piccolo che del grande schermo: ereditieri di una lite, i due cugini si ritrovano dapprima uno contro l'altro, infine complici al fine di salvare la pelle e mettere in scacco niente meno che un clan mafioso. Lo sviluppo del film è allegramente in sintonia con l'evoluzione dei personaggi, palese e prevedibile finché si vuole, ma non per questo stucchevole; comicità vecchio stampo, equivoci a non finire e una chicca da non perdere: il caratterista Domenico Centamore (intravisto ne I cento passi e nel Divo, tra i protagonisti della fiction Il capo dei capi), per la prima volta impegnato in una commedia, straordinario e incapace esattore mafioso con risatina stridula. La scena al bar dell'albergo in cui tenta di acchiappare al volo gli stuzzichini è da antologia.