“Qui riposa Kaspar Hauser, enigma del suo tempo. Ignota la sua origine, misteriosa la sua morte”. Dall'epitaffio che ricorda il “fanciullo d'Europa” sulla lapide di Ansbach alla rilettura surreale e postmoderna, rigorosamente in bianco e nero, che ne fa sul grande schermo Davide Manuli: portato dal mare (anziché dal nulla e dal buio), appare su un lembo di terra di una Sardegna desolata Kaspar Hauser (interpretato dall'androgina Silvia Calderoni), erede al trono fatto sparire quando era ancora piccolo. Preso in custodia dallo sceriffo (Vincent Gallo), il ragazzo dovrà capire chi, in quella dimensione senza luogo né tempo, potrà considerare amico o meno: la volgare Granduchessa ora regina (Claudia Gerini)? Il suo amante spacciatore (ancora Gallo)? Il prete (Gifuni) o la veggente (Elisa Sednaoui)?
A breve distanza dal ritorno in sala di Beket, arriva sugli schermi l'opera seconda di Manuli: la continuità col precedente è manifesta, in termini di stile e ambientazione, così quanto è lontano il celebre lavoro di Herzog. Siamo in un altrove archetipico, sospeso nell'etereo “french touch” musicale del geniale Vitalic: Kaspar Hauser impara a fare il dj (con tanto di casco à la Daft Punk…) e diventa “music addicted”. Al pubblico si chiede molto, ma la suggestione è garantita.