Il rogo della ThyssenKrupp a Torino è l'11 settembre del lavoro. Anche per un paese malato cronico di Alzheimer quando deve preservare la sua memoria storica. Nella notte del 6 dicembre 2007, alla linea 5 di quella maledetta acciaieria, La fabbrica dei tedeschi appunto, sette giovani muoiono consumati dalle fiamme divampate in una fabbrica in dismissione sotto gli occhi dei colleghi che li soccorrono con estintori vuoti. Un momento, il più mediatico, dell'olocausto permanente di morti bianche che in Italia rende cantieri, fabbriche e affini più pericolosi di Iraq e Afghanistan.
Mimmo Calopresti, calabrese di nascita, torinese d'adozione e operaio d'estrazione racconta le parole e la disperazione dopo la strage. Speranze e sensazioni delle vittime ci vengono restituite con una manciata di minuti di fiction interpretati da sette attori (Monica Guerritore, Valeria Golino, Luca Lionello, Giuseppe Zeno, Vincenzo Russo, Silvio Orlando, Rosalia Porcaro), il seguito, un po' troppo televisivo ed enfatico, sono rabbia, sconcerto e testimonianze. Di piccoli sogni di operai spezzati, di una consapevolezza del pericolo soffocata dal ricatto precario del "salario della paura" e del profitto parossistico. L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro e i lavoratori. Vivi o morti.