Doppia ora? Buona la prima. Ovvero il film in una frase. Perché il debutto di Giuseppe Capotondi merita apprezzamento; perché le cose migliori si vedono tutte nella prima ora. Dopo cambia, cala. Ma tant'è, dei 4 italiani a Venezia, La doppia ora è quello che ne esce meglio. Film assolutamente inedito nel panorama tricolore, immune alle sue derive/ossessioni/velleità autoriali. Non che difetti di profondità, se è vero che offre a Ksenia Rappoport un personaggio esemplare e l'opportunità - messa a frutto - di portare a casa una Coppa Volpi. Semplicemente ogni vezzo stilistico è subordinato al cinema di genere, al suo funzionamento. Operazione al confine tra mistery, noir e melò. "Una storia d'amore venata di mistero", la chiama Capotondi. Avrebbe funzionato meglio come mistery venato d'amore: tra i due, è la love story ad apparire meno credibile. Protagonisti Guido (Filippo Timi) e Sonia (la Rappoport), solitudini che s'incontrano in uno speed date torinese. La scintilla scocca all'istante, la fiamma si spegne bruscamente. Incursione romantica in villone fuori città, e tragedia: la coppia viene prima presa in ostaggio da un gruppo di rapinatori a mano armata, poi colpita. Guido addirittura a morte. Sonia è illesa, ma non salva. Strani avvenimenti la perseguitano, terrificanti visioni, le continue apparizioni di Guido su tutte. L'uomo è veramente morto? La risposta - che arriva dopo un'ora incalzante e tesa - segna purtroppo la fine del film. Come spesso avviene in pellicole del genere, più aumentano gli enigmi più la soluzione delude. Anziché continuare a pigiare il pedale sull'irrazionale, l'onirico e il conturbante, Capotondi preferisce sterzare sull'epilogo logico, e il delitto e castigo con ghost-story lascia posto a un sentimentalismo posticcio. Gli interpreti funzionano, lo script è ricco di spunti, il lavoro sul sonoro prezioso. La regia diligente, ma senza guizzi. La doppia ora resta un buon thriller rovinato da un pessimo melodramma. Un ibrido irrisolto, a metà tra l'esordio promettente e l'occasione sprecata.