"Era il momento giusto per raccontare questa storia". Ha ragione Małgorzata Szumowska, che insieme al sodale Michał Englert torna in gara a Venezia tre anni dopo Non cadrà più la neve: lo fa, lo fanno, con Kobieta Z... (Woman of), epopea lunga 45 anni che segue il percorso di Adam, ragazzo nato nella Polonia degli anni '70 che, crescendo, scopre la sua vera natura di donna nata in un corpo sbagliato.

Il momento è sempre giusto, crediamo noi, per raccontare qualsiasi storia. I due registi polacchi - a detta di Englert l'idea del film è nata una ventina d'anni fa ma non erano ancora pronti per realizzarlo - mettono invece l'accento sull'attuale momento storico, che vede la Polonia (non che tanti altri paesi stiano messi meglio) ancora indietro per quello che riguarda leggi a tutela della comunità LGBTQ+ e fortemente divisa sul tema a livello politico e sociale.

Małgorzata Szumowska e Michal Englert sul set di Kobieta Z... (Woman of)
Małgorzata Szumowska e Michal Englert sul set di Kobieta Z... (Woman of)

Małgorzata Szumowska e Michal Englert sul set di Kobieta Z... (Woman of)

Non è un caso, dunque, se la storia di Aniela (Małgorzata Hajewska-Krzysztofik), già Adam, si concluda proprio oggi, nel 2023.

Per arrivare al sofferto epilogo, quello sguardo perso in lontananza dietro alla finestra di una stanza d'ospedale (quante finestre, quanti sguardi al di qua di un vetro si alternano nel racconto...), il film dapprima procede per sbalzi temporali - dal 1980 al 1985, fino al 2014 passando per il 2004 - un avanti e indietro che cattura alcuni dei momenti più importanti della vita di Adam (prima Mateusz Wieclawek, poi la già citata Hajewska-Krzysztofik: la notevole differenza di altezza tra il primo e la seconda non aiuta molto in termini di verosimiglianza...), colto sullo sfondo della trasformazione della Polonia nel passaggio dal comunismo al capitalismo: la prima comunione, la visita di leva (dove lo costringono a togliere i calzini scoprendo così lo smalto rosso sulle unghie dei piedi), l'incontro con Izabel, che poi diventerà sua moglie (prima Bogumila Bajor, poi la Joanna Kulig di Cold War), il gusto per il travestitismo, la presa di coscienza definitiva.

Mateusz Wieclawek in Kobieta Z... (Woman of) - Credits No-Mad Films
Mateusz Wieclawek in Kobieta Z... (Woman of) - Credits No-Mad Films

Mateusz Wieclawek in Kobieta Z... (Woman of) - Credits No-Mad Films

È la fase più "dinamica" del film, quella anche più furbetta se vogliamo, con l'eccesso di un esibizionismo cinematografico (non si contano i ralenti) che tradisce forse la paura di non reggere una struttura lineare in grado di sostenere l'impalcatura e l'ampiezza di un respiro lungo così dilatato nel tempo.

Poi però - e il momento coincide con la decisione del/la protagonista di effettuare la transizione, rivelandosi al mondo - Kobieta Z... sembra quasi mutare forma, si fa racconto più tradizionale che accompagna il difficile cammino verso la libertà come donna trans di Aniela, le difficoltà in famiglia, le situazioni complicate nell'ambiente dove vive, al lavoro, ma soprattutto nei confronti della legge: per cambiare ufficialmente sesso, infatti, dovrebbe fare causa ai genitori rei di averla messa al mondo con un genere sbagliato. Oltre, "naturalmente", a divorziare dalla moglie. 

Ecco, forse l'aspetto davvero più interessante del film è proprio quello del rapporto tra Adam/Aniela e l'amata Izabel: perché l'amore che li lega è autentico e il personaggio incarnato da Joanna Kulig sa restituire con bravura lo spaesamento di una donna che anche di fronte all'impossibilità di continuare a "stare" insieme non accantona però il sentimento, teneramente ricambiato.

E questa unione - che poi forse, a ben guardare, il film racconta proprio questo, in fondo, una lunga storia d'amore - viene celebrata compiutamente in quel prefinale che vede i due protagonisti ripetere in maniera circolare gli stessi gesti, abitare gli stessi luoghi che scolpivano i primi giorni di quell'idillio.

Restano invece dubbi, non pochi, a proposito della capacità del film di restituire la mutevolezza dell’ambiente circostante nel corso di quattro decenni, l’aggiungere sciagure alla protagonista (la storia del traffico di tessere telefoniche false, certo per sottolineare l’impossibilità di una vita lavorativa “normale”, lo capiamo ma...) e infine, soprattutto, per quell’insistenza con cui ci viene ricordato che bravo marito, bravo padre, bravo essere umano sia Aniela, quasi a richiedere un'empatia nei suoi confronti che temevano non avremmo avuto?

Si può nascere in un corpo "sbagliato" ed essere contemporaneamente delle persone spregevoli. Come accade, del resto, anche a chi nasce in un corpo "giusto".