Fra tutti i generi cinematografici, la fantascienza è forse la cartina di tornasole di un marcato ritorno di Hollywood all’infantilismo. Eppure lo sci-fi era già maturo negli anni Cinquanta, con film del calibro di Ultimatum alla Terra, per poi arrivare alle alte vette dei più recenti Blade Runner e Alien. Nessuno ha raccolto il testimone e anche le grandi promesse degli anni Ottanta non sono state mantenute. Bisogna accontentarsi di un pugno di titoli degni di nota e Indipendence Day: Rigenerazione non è tra questi.

Ancora una volta gli alieni attaccano la Terra e i poveri umani lottano per la sopravvivenza. Dopo la prima avventura, sono entrati in possesso di una tecnologia più avanzata e i terrestri si sono dati da fare. Adesso usano scudi al plasma e cannoni fotonici, ma il nemico è sempre più forte. Il buon Will Smith è morto in battaglia e a salvarci è rimasto il figlio, con un pugno di uomini coraggiosi pronti a dare la vita per un fine superiore. Il presidente Whitmore ha perso la testa e il dottor Levinson cerca ancora una volta di essere decisivo. Riusciranno a salvarci dalla minaccia intergalattica?

Roland Emmerich è il regista delle catastrofi. Con Michael Bay si contende lo scettro del finimondo e i suoi film sono kolossal pirotecnici, pieni di botti e di sentenze. Nel tempo la critica ne ha salvati pochi e di certo non comincerà oggi.

Indipendence Day: Rigenerazione è un pompieristico inno patriottico, figlio dei videogiochi e della scarsa voglia di usare il cervello. L’eccessiva retorica USA fa gioire il popolo conservatore, con un ex presidente che incarna tutti i crismi dell’amministrazione Bush. L’uomo in questione è il povero Bill Pullman, che sembra essersi smarrito dopo i fasti di Lost Highway. Con Charlotte Gainsbourg, è l’unico attore che potrebbe rialzare le sorti dell’avventura ma forse non ne ha nessuna intenzione.

Sorprende che in un film del genere ci siano difetti tecnici, a partire da un montaggio approssimativo fino, almeno nella versione italiana, a un pessimo doppiaggio. Anche gli effetti sonori sembrano desincronizzati e quelli visivi assomigliano pericolosamente a un cartoon. Quando il gioco si fa duro, i "duri" si perdono in battutine puerili, già sentite troppe volte. Immedesimarsi nella storia è impossibile, quando anche i protagonisti pensano di essere al parco divertimenti.

Almeno il primo capitolo del franchise manteneva una certa coerenza nei toni, senza perdersi in inutili ipocrisie per compiacere il target. Il carisma di Will Smith era in linea col carattere fracassone del film e la platea si poteva abbandonare a un paio d’ore d’innocuo intrattenimento. Dal primo capitolo sono passati vent’anni e forse era meglio fermarsi là. Invece la mania seriale del cinema di oggi ha spinto a girare un sequel anche un po’ furbetto, che illude con l’immagine di un pianeta politicamente compatto contro la minaccia esterna. In un mondo diviso da lotte planetarie, le grandi potenze inventano falsi nemici per tenere uniti i sudditi. Creare una “regina madre aliena” per richiamare alla pace è smaccata ipocrisia.

Indipendence Day: Rigenerazione sconcerta per toni e superficialità. L’unica nota di colore è un presidente tutto al femminile, quasi a voler pronosticare l'esito delle prossime elezioni. Il resto è silenzio, con la paura che un terzo capitolo sia alle porte.