C'è un'immagine che rimane nella testa al termine della proiezione: il sorriso di Carolyn. Ampio, fermo, vivace nonostante la fatica e l'età. Attraverso il suo sorriso, il suo corpo indebolito viviamo la tragedia di Katrina, l'uragano che nel 2005 uccise quasi duemila persone in Louisiana, lasciando dietro di sé una scia di danni materiali e spirituali incalcolabili. Ma Carolyn non è tipo da abbattersi, vuole tornare a vivere nella sua casa in uno dei quartieri più poveri e più colpiti, e assieme alla figlia lotta per riuscirci.
“È la mia americana preferita, me ne sono innamorato all'istante”, dichiara Jonathan Demme all'incontro con il pubblico. Difficile dargli torto, Carolyn ha una personalità magnetica che cattura le telecamere con naturalezza, al pari dei personaggi pubblici già ritratti da Demme – è del 2007 il biopic su Jimmy Carter, pluripremiato a Venezia. Nata durante la segregazione, divenuta chef nei più grandi hotel di New Orleans, Carolyn Parker incarna il sogno americano dei diritti civili e della capacità di risollevarsi nonostante i colpi inferti dal destino, grazie a una determinazione di ferro e alla fede. La sua storia è metafora per un'intera comunità che cerca di rialzarsi dopo la tragedia e ricostruire la propria vita, nel punto in cui l'avevano lasciata. In mezzo, ci sono l'indifferenza delle istituzioni, i contractors che fanno operazione di sciacallaggio sulla ricostruzione, i soldi che non bastano mai.
Nato come un “servizio pubblico” di documentazione del disastro (la versione presentata a Venezia è frutto di una selezione di centinaia di ore di girato nell'arco di cinque anni) progetto personale voluto da Demme, unico operatore delle riprese, I'm Carolyn Parker è un esempio di cinema d'impegno civile che attraverso una storia personalissima riesce a restituire un dramma collettivo e le sue implicazioni politiche, in un equilibrio faticoso tra rabbia, disperazione e ottimismo. Unica (piccola) pecca: lo stile intimo, altamente informale della regia rischia di rendere il film poco accessibile per uno spettatore estraneo alle vicende. Ma la casa di Carolyn è accogliente, e dopo poco ci sentiamo già concittadini di New Orleans.