Inghilterra, 1925. La giovane e high society Kitty (Naomi Watts) viene spinta dalla madre a prendere marito. La scelta cade sul batteriologo Walter Fane (Edward Norton), serio e compito. Subito dopo le nozze, la coppia si trasferisce a Shanghai: Walter è tutto assorbito dalla sua professione, Kitty si getta tra le braccia del vice-console britannico Charlie Townsend (Liev Schreiber). Venuto a conoscenza del tradimento della moglie, Fane decide di trasferirsi a Wei-tan-fu, una remota località nell'entroterra cinese funestata da un'epidemia di colera. Walter ignora tenacemente la moglie, ma è una situazione destinata a mutare… Il velo dipinto diretto da John Curran è il terzo adattamento per il grande schermo del romanzo The Painted Veil di W. Somerset Maugham (1925), dopo l'infedele trasposizione con Greta Garbo realizzata dalla MGM del 1934 e Il settimo peccato del 1957 diretto da Ronald Neame e interpretato da Eleanor Parker. Ed è superiore a entrambi gli antecedenti. Già lucido osservatore dei Giochi dei grandi, Curran utilizza il datato romanzo di Maugham per tradurre in immagini e suoni l'amore ai tempi del colera, ovvero il mutevole hic et nunc delle relazioni di coppia. E ci riesce bene, prendendo a piene mani dal solito impeccabile Edward Norton, dalla misurata Naomi Watts - entrambi potrebbero sembrare a mezzo servizio, ma questo chiede il copione - e un convincente Toby Jones, che dopo il Truman Capote di Infamous qui si ritaglia la parte del colonialista dissoluto. Non solo, bravura di Curran è la capacità di soffermarsi sui frammenti del discorso amoroso in chiave paradigmatica, ovvero astorica, e insieme di non relegare nel fuoricampo il contesto socio-politico del film, percorso dai bacilli del colera e dai fermenti antibritannici...