Si sa che in Joe Wright Espiazione, Orgoglio e pregiudizio sono un tutt'uno di inestricabile ed elegante retorica. Certo è che con Il solista, abbandonando i costumi d'epoca per stracci e un casual molto sciatto, scoprendo l'attualità, il cineasta dà il meglio e il peggio di sé. Un barbone schizofrenico con tanto di carrello della spesa che è casa, camerino, archivio umano e creativo, coperta di Linus e un giornalista del Los Angeles Times, solo e ancora con troppi pacchi da aprire dall'ultimo trasloco, ecco i due protagonisti. Si incontrano, complice un incidente in bici del secondo e una performance al violino del primo per strada, che quasi gli provoca un altro incidente, questa volta in macchina (il giornalista in questione bravo con la penna, molto meno con manubri e volanti). Nathaniel Ayers è l'homeless svitato in questione, Steve Lopez il reporter, la storia è vera e il buon Wright l'ha raccontata mettendo a nota spese, come comparse e consulenti, ben 500 senzatetto e non facendo un passo senza che i veri protagonisti approvassero. Ne è uscito fuori un duetto molto jazz tra due grandi attori che raccontano una favola metropolitana, quella di un violoncellista che ha visto il suo talento bruciato dalla follia e recuperato da una bella amicizia con un "gemello diverso" (Lopez con i suoi articoli realizzerà il suo sogno, suonare alla Walt Disney Hall, ma non lo convincerà mai a farsi curare). E' vero che a volte esagerano, il regista soprattutto, ma l'effetto è quello di un assolo troppo lungo: il tono della recitazione spesso è sopra le righe, quello delle scene madri eccessivo (come nella scena degli uccellini, neanche fosse lo spot di un'acqua minerale), ma mai spiacevole. Anche grazie alla colonna sonora di Marianelli, a cui Wright dovrebbe fare una statua (senza, la sua regia così caricata sarebbe molto meno armoniosa). E così è impossibile non immergersi nello sguardo vuoto, perso e a volte vivacissimo di Foxx o in quello ironico, ammirato, commosso e a volte frustrato di Downey Jr. Musica, maestri.