Se siete di quelli che inorridiscono alla vista di ogni affettazione romantica (la collezione è ampia e variegata: si va dal cuoricino stilizzato alle promesse-spray sui muri) dovreste evitare Il pescatore di sogni come un diabetico il barattolo di Nutella. Al contrario, se pensate che la musica l'abbia inventata Laura Pausini, San valentino debba essere calendarizzato in rosso e Lasse Hallstrom sia il migliore regista vivente allora, se non riuscite a farvi vedere da uno bravo, non perdetevi l'ennesima ricampionatura dell'amor-vincit-omnia di questo sdolcinatissimo autore.
Perché il cinema di Hallstrom - eccezion fatta forse per Buon compleanno Mr. Grape - è come una scatola di Baci Perugina: cambiano le parole ma non il sapore. Hallstrom è uno di quei registi capaci di trasformare ogni cosa che tocca - vicenda, risvolto, uomini, donne e cani - in pappa e miele. Squisitamente dolce per alcuni, odiosamente appiccicoso per altri. La tipica situazione alla Hallstrom è lui-guarda-lei-intensamente-con-luce-soffusa-e-musica-di-sottofondo.
D'altra parte cosa aspettarsi da una filmografia composta da titoli quali Chocolat e Le regole della casa del sidro, sferzata da Il vento del perdono, ispirata allo sciropposo Nicholas Sparks (Dear John: sic!), attaccata al bastoncino dello zucchero a velo di Hollywood come i cani a quello del padrone (Hachico)? Il salmone: mancava giusto quello. Ed eccolo servito: intero e a trance, libero o d'allevamento, scozzese o yemenita. Affumicato persino, se preso per quello che è nel film, ovvero una figura-simbolica dell'opacamente amorfo Ewan McGregor (che con il salmone fa a gara del resto per stabilire chi dei due sia il meno espressivo).
L'attore è uno scienziato al soldo del Ministero della Pesca e dell'Agricoltura che viene coinvolto, suo malgrado, nel folle progetto di uno sceicco stra-ricco e illuminato (Amr Waked): introdurre il salmone nello Yemen. Prima scettico, poi coinvolto, infine convinto, il tecnico del Regno di Sua Maestà sarà coadiuvato dall'infaticabile e cinica portavoce del Primo Ministro inglese (Kristin Scott Thomas) e dalla brillante assistente del mecenate in turbante (Emily Blunt), della quale ovviamente finirà per innamorarsi.
La storia si dipana con dolorosa prevedibilità, preoccupandosi soprattutto di mantenere un tono lieve, da commedia semi-seria: Hallstrom sceglie giustamente di non indulgere nel melodrammatico, ma quello che poteva essere ridicolo finisce solo per diventare scialbo.
Il pescatore di sogni rimane attaccato all'amo dei cliché e della carinerie, risultando alla fine un innocuo polpettone romantico a sfondo esotico. Il medioriente è una torrida cartolina e i mediorientali uomini incappucciati dediti solo a Dio e agli atti di terrorismo. La Scott Thomas, se potesse, si mangerebbe il film. L'alchimia tra Emily Blunt e Ewan McGregor è rimasta sulla carta. Così come certe dinamiche affettive sono figlie di una sceneggiatura fantasiosa (tratta dal romanzo omonimo di Paul Torday). Ad esempio la Blunt piange per tre quarti di film un soldato (che conosce da appena tre settimane!) disperso dopo un'azione militare in Afghanistan. Lei lo crede già morto, ma non se la sente di intrecciare una nuova relazione con l'insistente McGregor. Poi, quando finalmente il suo bel ragazzone ritorna miracolosamente a casa, lei che fa? Si lancia tra le braccia dell'altro! Cose che succedono solo nei film. Non nei migliori, comunque.