Chissà che avrebbe detto la Nouvelle Vague di questo “cinema del nonno”? Quello di Pupi Avati, che in Concorso a Roma ricrea la Bologna che non è più a Fermo, riapre - non l'ha mai chiuso, a dire il vero - l'album dei ricordi e rispolvera il suo mix trademark di autobiografia e fantasia, memoria e immaginazione. In breve, Il cuore grande delle ragazze, ovvero la liaision varia ed eventuale del nonno di Pupi, Carlino, e della bella Francesca in anni '30 di campagnolo retaggio.
Lui è il quasi deb (Un amore perfetto, 10 anni fa) Cesare Cremonini, latin lover ma senza darsi arie, anzi, tutto ingenuità genuina, robusti appetiti sessuali e il miraggio di una Moto Guzzi “matrimoniale” per salvare la mezzadria di papà (Andrea Roncato): tra le due promesse brutte spose, sceglierà la terza bella, ovvero Micaela Ramazzotti, romana, pardon, romanaccia, tosta, ma inguaribilmente romantica. L'amore scoppia subito, ma per perfezionare il matrimonio occorrerà tempo, lacrime, tradimenti e… il solito Avati, che gira senza colpo ferire, si concede battute e situazioni ilari e, soprattutto, dirige da dio gli attori. Promosso a pieni voti Cremonini, Ramazzotti sugli scudi e sulle tracce (ancora lontanissime, per carità) della Vitti, mentre il film? Senza infamia né (troppe) lodi, un prodotto medio, onesto e, perché no, piacevole. Giudizio di (buon) cuore...