In un mondo antico che ha i tratti del medioevo fantastico l'equilibrio è rotto dal progetto negativo di un'entità misteriosa. Qualcuno ha aperto la porta di comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Bisogna fermarlo. Deciderà tutto lo scontro tra due maghi: Sparviero, convinto che la vita abbia senso solo se interrotta dalla morte e Cob, che cerca ossessivamente l'immortalità. In mezzo a loro Arren, schizofrenico e parricida, la dolce sacerdotessa Tenar e la giovane Therru, misteriosa orfana con una marcia in più. Povero Goro Miyazaki. Il suo I racconti di Terramare sembra una brutta copia delle opere del padre-maestro Hayao. I personaggi hanno facce i cui connotati abbiamo visto, identici, nelle opere del genitore, da Laputa a Il castello errante di Howl. E torna fin troppo spesso anche la melma nerastra tanto importante per Miyazaki padre come simbolo dell'inquinamento fisico e morale dei suoi eroi. Dal punto di vista tematico il discorso non cambia: il relativismo morale tanto geniale in Hayao diventa semplicistica ambiguità nel figlio. Va bene la scuola del calco per imparare il mestiere ma Goro dovrebbe ricordarsi che per emanciparsi dovrà uccidere artisticamente il padre.