Non è così facile imbattersi in un film che sa raccontare il sentimento di un’epoca attraverso la famiglia, istituto sociale e spazio emotivo. Anzi: attraverso una famiglia. Perché quella al centro di Domakinstvo za pocetnici (titolo internazionale: Housekeeping for Beginners, cioè Lavori di casa per principianti, dalla Macedonia del Nord a Orizzonti a Venezia 80) non è certo una famiglia tradizionale. Oggi la potremmo chiamare con l’ormai consolidato “queer”, perché sul legame di sangue prevale quello affettivo e le parentele non sono istituzionalizzate ma passano per la linea del cuore.

Al di là dei pregiudizi e delle ostilità, alla base di tutto c’è la condivisione di gioie e dolori, il riconoscimento reciproco, insomma l’amore. E Goran Stolevski (regista, sceneggiatore, montatore) inquadra questa famiglia senza mitizzarla né ghettizzarla, mettendone in luce tutto ciò che la rende una famiglia come le altre. Ci riesce perché sa unire la pratica del documentario allo spirito del romanzo, sa restituire la testimonianza con lo sguardo del narratore, sa applicare i codici del cinéma-vérité al ritmo e agli spazi di una commedia con venature drammatiche (o un dramma con vie di fuga brillanti).

Cardine del racconto è Dita (Anamaria Marinca, la memorabile protagonista di 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni), che non ha mai desiderato essere madre ma si ritrova matrona, cioè figura materna (deve allevare le due figlie della sua compagna, una bambina vivace e un’adolescente ribelle), leader carismatica e punto di riferimento per tutte le altre figure che orbitano nella sua grande casa. Compreso un uomo gay, tormentato dall’amore possessivo per un altro componente del gruppo, che Dita costringe al matrimonio per offrire alle ragazze una coppia di genitori “tradizionali”, così da rassicurare i sospettosi tribunali.

Housekeeping for Beginners © 2023 FOCUS FEATURES LLC. ALL RIGHTS RESERVED.
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Rocambolesco e avvincente, non si può non voler bene a Housekeeping for Beginners: i suoi personaggi difettosi non si nascondono mai, le contraddizioni esplodono per un sovraccarico di tensioni emotive, la società fuori da quella casa è così limitata e gretta (sia i borghesi che a cena parlano di frivolezze sia gli emarginati ignoranti e violenti) da non poter essere che antagonista rispetto al manipolo di antieroi cantato da Stolevski. Lo sguardo sta dentro le dinamiche, la struttura traballa (volontariamente) senza manierismi (i codici del documentario non sono estemporanei), la verità del quotidiano segue il caos e lo governa: un film libero e vivo, con un cuore che batte nel corpo di una storia ribelle e calda come un abbraccio inatteso.