Nel cinema di oggi è difficile trovare un thriller-horror che convinca fino all'epilogo. Purtroppo anche il primo film americano del francese Mathieu Kassovitz non fa eccezione, come il suo precedente successo d'Oltralpe, cioè I fiumi di porpora. Eppure Kassovitz sa girare bene, ed essendo anche attore sa dirigere i colleghi. Gothika, angoscioso e claustrofobico come richiedeva la sceneggiatura, riesce in due o tre scene a colpire lo spettatore a tradimento. Ma ha il difetto di mettere troppa carne al fuoco (maniaci, psichiatria, presenze soprannaturali, tatuaggi e archetipi religiosi, "snuff-movies", gialli con delitto). E non tutta di prima scelta, con l'effetto deja-vu di un collage di elementi di molti film del genere: The Ring, Il sesto senso, The Cell, Le verità nascoste, Echi mortali, Cape Fear, Allucinazione perversa, Shining e perfino L'esorcista (la scritta che si forma sul corpo). Ormai si è giunti all'inflazione di morti ammazzati o suicidi che - divenuti "ghost"- appaiono ai vivi e li usano per vendicarsi, o li tormentano con avvertimenti dall'aldilà. Qui Kassovitz procede su un ambiguo binario allucinatorio/metafisico. E sfocia in una catartica, 'fiammeggiante' punizione di orrendi crimini, lasciando però confusione riguardo l'accusa alla protagonista. E aggiunge un inutile sottofinale (lo spettro del ragazzino scomparso, magari per Gothika 2). La situazione che il film rende al meglio è quella, hitchcockiana, della dottoressa 'posseduta' (Halle Berry), che si ritrova suo malgrado dall'altra parte. Cioè nell'inferno delle detenute mentalmente disturbate, dove la donna razionale patisce con ingiusto ma necessario contrappasso le pene di altre donne - pazze o meno - che non vengono credute. Come la reclusa (Penélope Cruz) resa folle dall'impotenza a fidarsi dei "normali". Ma lucida sul fatto che il suo misterioso violentatore può avere solo il suo corpo, non l'anima. E' lei a confessarlo alla psicologa che è scesa al suo livello nella "fossa dei serpenti" (vedi l'omonimo classico "manicomiale" di Anatole Litvak, 1948). L'idea del tatuaggio che raffigura "l'anima sola" femminile, avvolta dalle fiamme del Purgatorio, è interessante. Però rientra in una tendenza del cinema horror degli ultimi 30 anni: contaminare l'iconografia sacra e religiosa con storie macabre e delittuose. Il delirio sanguinario di serial-killer e sette occulte si riflette nel delirio e il fanatismo blasfemi. La cronaca nera, specie dagli Stati Uniti, non fa che alimentare il pericoloso connubio. Ciò che suscita più orrore, in Gothika, è il fatto che chi incarna il Male si paragoni più volte a Dio. Sentendosi onnipotente nell'infernale scempio di innocenti inermi.