Trafficante di stupefacenti, Ming rimane gravemente stordito e congestionato dall'esplosione di un laboratorio di droga, dove perdono la vita moglie e due cognati. Si mette al volante, ma dopo uno zig-zag da brividi si schianta contro un negozio. E la polizia se lo beve: intelligente e indefesso, il capitano Lei gli offre l'opportunità di evitare la sedia elettrica in cambio dell'aiuto a incastrare tutta la gang. Ming accetta: scambi di persona, tradimenti, intrighi e tranelli, perché la polizia possa fare il grande colpo, ma all'ultimo minuto…
Secondo film a sorpresa del Concorso di Roma 2012, è Duzhan (Drug War) di Johnnie To, che affiancato dal sodale e co-sceneggiatore Wai Ka-fai torna a tessere trama e ordito del gangster movie, di cui è (stato) uno dei maestri indiscussi. Nel cast Louis Koo, Sun Honglei, Xiao Cong, Yin Zhusheng, Gao Yunxiang, Huang Yi e Wallace Chung, l'action-thriller a mano armata indaga il traffico di droga nella Cina continentale, facendolo salire agli onori del grande schermo per la prima volta: film dichiaratamente di genere, ma dunque anche di denuncia, almeno per i canoni dell'impegno nostrano, chissà se in Cina è lo stesso…
Ma come sta Johnnie To? Più o meno come l'avevamo lasciato a Venezia 2011 con Life without Principle: là la crisi finanziaria, qui la droga, il regista hongkonghese continua a esploarre l'hic et nunc, ma con una poetica in tono minore, una regia senza particolari guizzi di camera e senza, in definitiva, troppa vitalità autoriale.
Forse invecchiato, sicuramente pacificato dopo 30 anni di luminosa carriera, prova a darsi una scossa con la lunga sparatoria finale: un tutti contro tutti all'ultimo respiro, cruento e ben coreografato, ma con una sintomatica evenienza. Piovono pallottole come se piovesse, ma quante vanno a  segno? Poche davvero, nonostante si spari a distanza ravvicinata, ravvicinatissima: effetti collaterali della droga o il buon Johnnie ha un po' perso la mira?