La Cina contemporanea guarda al mondo e se lo costruisce in casa. Jia Zhang Ke guarda al presente per intravedere quale sarà il futuro del suo Paese. Lo spettatore guarda il suo film e riflette su entrambi, il futuro del mondo e la Cina. Nella periferia anonima e mastodontica di Pechino, quella stessa che fra quattro anni "il mondo" lo accoglierà davvero per le Olimpiadi, è stato costruito, per il piacere delle famiglie cinesi, un parco tematico che diventa l'emblema sibillino e preoccupante della loro esistenza. L'invito è chiarissimo: "Dateci una delle vostre giornate e noi vi faremo girare il mondo", nel falso turistico di una ricostruzione in scala dei monumenti più belli del pianeta. Lì si muovono, invece, storie vere di giovani che annaspano verso il benessere e la libertà. Sono tutti artisti che partecipano, ben addestrati ed ancora con schemi intellettualmente e professionalmente rigidi, ad uno spettacolo vero e proprio trionfo della globalizzazione, punto d'arrivo e di partenza delle curiosità di un popolo che ancora fatica molto a soddisfarle. S'intersecano situazioni comuni: amori e tradimenti, fedeltà e gelosie, gioie e tragedie. Tutte reali e palpitanti ma accolte in un panorama cristallizzato e fittizio, tra una Tour Eiffel e le Piramidi. C'è un aspetto interessante nel film, a tratti prolisso, del trentaquattrenne Zhang Ke: si riesce a cogliere la dinamica di una sterminata nazione che sta "lavorando con velocità" per accedere alla conquista di un duraturo progresso sul modello occidentale (senza tradire le irremovibili fondamenta politiche). Ma, e qui si intravedono le difficoltà se non i drammi, in un "mondo" che tradisce il passato, la tradizione, i valori acquisiti, dei quali i vari Tao, Taisheng, Qun, Xiaowei ed amici hanno irrimediabilmente perso le tracce. Vagano sì, verso un futuro, ma quale e come?