“Ho sempre avuto paura di quel che può accadere intorno a me mentre dormo. E voi?”. Tutto bene, grazie. Ma la domanda di Jaume Balagueró non è peregrina, e tantomeno la sua risposta: Bed Time (Mientras Duermes), un thriller a occhi chiusi, ma tutt'altro che soporifero. Dopo aver magistralmente giocato tra mockumentary e reality nel dittico [Rec], il regista spagnolo si riscopre classico, con un dramma d'appartamento scritto da Alberto Marini che sarebbe piaciuto a Hitchcock: suspense e terrore tra quattro mura, con il maestro britannico superato sulla corsia ematica della violenza.
Già fuori competizione a Torino, sullo schermo è la spietata analisi di un'ossessione misogina e folle contro il sorriso femminile, incarnata da un portiere (Luis Tosar, mostruoso) che non custodisce, ma si nasconde nottetempo per abusare di una bella condomina (Marta Etura), rea di felicità. Già, la sventurata sorride, e basta e avanza perché diventi capra espiatoria da sgozzare sull'altare dell'invidia, cattivo umore e - se vogliamo - scontro di classe.
There will be blood, e pure la conferma del talento di Balagueró per le incursioni horror, la claustrofobia e il rapporto confidenziale con la paura. Se sul fronte spread ahinoi ce la giochiamo ad armi pari, il differenziale di genere tra Italia e Spagna ci vede al tappeto, e Bed Time stigmatizza: cornice e stilemi di genere, appunto, per un quadro ben disposto verso il pubblico e insieme prodigo di pennellate autoriali, guizzi estetici e ricadute metaforiche. Si chiede il nostro, è possibile incrociarsi senza conoscersi mai? E' possibile, dunque, che il sonno sia il nostro modo di relazionarsi a occhi aperti con conoscenti ridotti a estranei? Balagueró affonda il colpo, riscrivendo da par suo l'ultimo titolo kubrickiano: Eyes Wide Shut, anche qui, e uno psicopatico capace di infettare la nostra quotidianità, le nostre cose, la nostra pelle. Ma Balagueró non giudica: suspense a destra (aguzzino) e manca (vittima), crudeltà dritto per dritto.