È vero, Becoming: la mia storia – stesso titolo dell’autobiografia di Michelle Obama, a sottolineare una specie di progetto multimediale – racconta cose che già sapevamo. Soprattutto, offre della sua eroina un ritratto a dir poco celebrativo. Ma cosa avremmo dovuto aspettarci da un documentario prodotto dalla stessa protagonista in tandem con il marito, quel marito per di più?

Becoming fa parte del pacchetto di produzioni prodotte dall’ex coppia reale americana con la loro Higher Ground e distribuite a livello mondiale grazie a Netflix. Un connubio, cominciato due anni fa, che ha già garantito la vittoria di un Oscar, conquistato a febbraio da Made in USA – Una fabbrica americana. E anche la regista, Nadia Hallgren, è un astro nascente lanciato dalla scuderia obamiana, già filtro di Michelle in tv movie del 2016.

Becoming è una versione delux di Chiara Ferragni: Unposted. Come nel profilo della più potente delle influencer, ciò che è annunciato nel titolo viene a mancare nei fatti. La Michelle che vediamo è quella posted: la quintessenza del carisma incarnata da una donna capace di incanalare memoria e futuro, orgoglio e speranza, famiglia e indipendenza.

A guardare meglio tra le pieghe di un’operazione sì apologetica ma certo interessante, Becoming è un manuale di comunicazione politica sulla costruzione di un’icona. E, mentre si rincorrono le voci di una probabile campagna per la vicepresidenza accanto all’anziano Joe Biden, si staglia ancora di più per quel che è: autopromozione politica.

Racconto del tour nazionale compiuto da Michelle per presentare il memoir, il film spiega bene la campagna elettorale permanente della famiglia Obama, ritrovatasi a essere il clan democratico più in prima linea contro Trump. “Spero che la mia storia spinga gli altri a riconoscere la potenza delle vostre storie”, dice la santa laica dei liberal.

Forte del suo essere donna e afroamericana, dispensa la straordinaria intelligenza a dispensa alternando retorica da empowerment e lucide analisi politiche.

“Mezza America aveva paura di noi”, spiega rievocando la storica vittoria del marito. Ed è un modo per sottolineare quanto sia cosciente di dover rafforzare e motivare la propria metà anziché tentare di convincere chi non è disposto a riconoscerla come potenziale presidente.

Poi, chiaro, il reparto star ci mette il suo (presenta il libro con Oprah Winfrey e Stephen Colbert) e la soundtrack è incredibile (curata da Kier Lehman, già music supervisor della serie black Insecure), ma il glamour resta laterale.

A contare sono le facce delle persone, anzi, le storie (parola che ricorre in continuazione). “Le storie degli altri mi aiutano a restare ancorata alla realtà”, ci confida: “ogni storia ha un suo valore”. Michelle tocca, abbraccia, ascolta, si commuove, esulta: quanto carisma, signori.