Forse, il piatto più ricco di Cannes 63, comunque quello politicamente più intenso, affascinante, sottilmente innovativo. E' l'Autobiografia lui Nicolae Ceausescu del rumeno Andrei Ujica (acquistata per l'Italia da Cinecittà Luce), presentato in quel fuori competizione che si conferma - vedi pure Carlos di Olivier Assayas - il territorio migliore di questo festival. Documentario di montaggio, che affida all'editing non solo sintassi ma messa in scena, riassume tre ore da oltre mille di materiale d'archivio, perché il dittatore romeno per 25 anni si fece riprendere in media per un'ora al giorno dai fedeli operatori ufficiali: a scorrere sono le immagini del suo potere, ovvero incontri con capi di stato, saluti e bagni di folla, discorsi, parate, sopralluoghi e riunioni di partito del Ceausescu che regnò dal ‘67 al 1989, quando fu deposto, processato e giustiziato il 25 dicembre insieme alla moglie Elena.Con un lavoro sul sonoro da mozzare il fiato, Ujica apre e chiude sull'interrogatorio a cui il dittatore fu sottoposto prima della morte, per il resto racconta “Ceausescu attraverso Ceausescu, senza manipolazioni esterne, con le immagini che lui stesso aveva voluto per sé”, perché “un dittatore è solo un artista capace di mettere completamente in pratica il suo egotismo”. Parole sante, verrebbe da dire, a corredare un'Autobiografia che completa la trilogia sul comunismo iniziata nel 1992 con Videogrammes d'une devolution e proseguita tre anni dopo con Out of the Present. Ujica ne ha già in cantiere una nuova sulla cultura di massa, tra calcio, moda e musica rock, per ora, rivoltando contro il potere le immagini di cui il potere stesso s'era nutrito, sferra un colpo definitivo al nostro immaginario. Fedele, e troppe volte suddito...