E' tempo di orsi parlanti. Dopo Ted ecco Deerhoof, altro incredibile peluche in grado di interagire con gli umani. Ma se nel film di Seth MacFarlane il protagonista viene messo in difficoltà perché si ritrova per amico un orsacchiotto che con il passare degli anni diventa sempre più irriverente sboccato e scorretto, in Animals di Marçal Forés l'introverso adolescente Pol non ha bisogno di cattivi maestri, è già stonato di suo. Quintessenza del diciassettenne in eterna crisi causa età in cui difficilmente ci si sente a posto nel mondo, fa infatti fatica ad avere amici e ad aprire il proprio cuore. Meglio dunque sfogarsi con il sorprendente animale antropomorfo e custodire gelosamente la strana amicizia, anche a costo di tenere lontani i rari coetanei che vorrebbero avvicinarsi.
Se l'analogia di partenza tra i due film è evidente, diverso però è lo sviluppo della vicenda. Laddove Ted accarezza appena il disagio iniziale del protagonista da ragazzo per sciogliersi subito in una commedia politicamente scorretta, Animals al contrario prende la strada del racconto di formazione tutto giocato sul versante introspettivo e fantastico. L'intento per nulla nascosto di Forés è del resto quello di costruire un fantasy cupo dai risvolti profondamente psicologici. Siamo insomma più dalle parti di Donnie Darko, dove regna il registro a metà tra realtà fisica e mentale con conseguente difficoltà a distinguere i due piani. Purtroppo il risultato, per quanto interessante, non è allo stesso livello perché un eccesso di confusione narrativa finisce con il segnare il già faticoso intrecciarsi di immaginario e reale. Tuttavia molti sono i momenti in cui la stupefazione, la fragilità, l'incapacità ad agire, il desiderio di autodistruzione, la sovrabbondanza di emozioni tipici di questi adolescenti più inquietanti che inquieti sono restituiti con assoluta empatia.
Limiti obiettivi a parte, Animals resta un esordio che non passa inosservato non fosse altro per le evidenti ambizioni internazionali. Non a caso, prodotto dalla Escàndalo Films di Barcellona in collaborazione con la scuola di cinema ESCAC dalla quale sono usciti cineasti brillanti e capaci come lo sceneggiatore di The Orphanage Bayona, è stato girato in catalano e inglese con attori di diverse nazionalità. Un'operazione che guarda in avanti affidandosi a un modello produttivo che nel tempo potrebbe risultare vincente, senza per questo perdere di vista il cinema come laboratorio di idee, di rinnovamento di stili, di lavoro sui generi.