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Aldo Baglio, Giacomo Poretti, Giovanni Storti
Milano come scrigno della memoria. Anzi, meglio: dispositivo di nostalgia. Perché non c’è niente di più struggente di una città che manca a se stessa. Che cerca ovunque le voci di un tempo perduto, nei teatrini scomparsi dagli oratori di periferia ai locali entrati nella leggenda (la carcassa del Derby Club), mentre i corpi che abitavano quei luoghi sono immortalati nelle fotografie affisse ai muri o chiuse nelle scatole. E chi è rimasto non fa niente per nascondere il disagio di non sentirsi più parte di qualcosa, magari di un sentimento popolare, che accomuna chi usufruiva dei bagni comuni nelle case di ringhiera, chi giocava per strada magari mettendosi in qualche guaio, chi lasciava la scuola anzitempo perché, al di là del rendimento, Attitudini: nessuna.


Giacomo Poretti, Sophie Chiarello, Aldo Baglio e Giovanni Storti in Attitudini: nessuna
(Laila Pozzo)Da cui il titolo del documentario di Sophie Chiarello, già autrice del premiato Il cerchio (cinque anni di una classe elementare: in fondo l’impianto è lo stesso) ma soprattutto antica sodale di Aldo Baglio, Giovanni Storti e Giacomo Poretti: è la confidenza tra il trio e la regista a garantire il coinvolgimento emotivo in questo documentario esplicitamente celebrativo, che restituisce un’avventura artistica e umana con dovizia di dettagli e un determinante utilizzo dell’archivio. Ma, scavando nelle memorie, sembra soprattutto allontanare la risposta a quella che forse è la domanda più importante: cosa c’è dietro l’angolo?
Il passato non è una terra straniera, d’accordo, forse è davvero tutto ciò che abbiamo (O no? Spoiler: No). E, sì, non esiste comicità senza dolore, senza l’esperienza del trauma, senza la malinconia che ti devasta l’anima al punto da prendere in giro la vita e tutto il resto.


Giacomo Poretti, Aldo Baglio e Giovanni Storti
(Laila Pozzo)Te ne accorgi quando vedi Aldo, emigrato dalla Sicilia, che si fa fotografare di fronte a tutte le case della sua adolescenza per andare alla radice di un’irrequietezza indomabile. O quando Giovanni, oggi appassionato paladino della natura, si commuove pensando a Per un basin di Enzo Janncci (uno dei tanti fantasmi di questo film che mette in fila i reduci di una storia collettiva), non tanto per quel che racconta ma per il mondo che cristallizza. O quando Poretti si ritrova al cospetto di quel che resta della fabbrica ormai dismessa, dove cominciò a lavorare poco più che tredicenne.
Sono attimi che interrogano il tema delle origini, chiedendosi come l’adolescenza faticosa sia stata sublimata da un’azione artistica improntata su una sorta di infanzia ritrovata nella comicità pura (la lezione del mimo, il lavoro sulle maschera, il senso acrobatico della performance, l’osservazione del reale in ottica surreale, perfino il grado zero incarnato da Tafazzi).


Aldo Baglio, Giacomo Poretti e Giovanni Storti in Attitudini: nessuna
(Laila Pozzo)Così Chiarello compone un’autobiografia altrui con approccio tradizionale pensando soprattutto agli appassionati, sintetizzando in poco meno di due ore (enorme il materiale di partenza) un’esperienza personale che non può riflettere un movimento generale, inquadrando il crepuscolo della generazione precedente, l’avvento di un’altra che annuncia una consapevolezza crossmediale (c’è anche un interessante percorso sulla televisione, tra la Svizzera pionieristica, la Rai censoria e la Gialappa’s senza freni) e, curiosamente, una certa reticenza sul presente del settore. Quasi a dire che l’eredità appartiene al pubblico e non a chi (non) ha camminato sulle loro orme, perfino a sottolineare ancor di più - e chissà quanto consapevolmente – il disinteresse della Milano di oggi a recepire, aggiornare, rivisitare una tradizione.
Chiarello si concede inserti poetici (gli accostamenti con i capolavori di Charlie Chaplin e Buster Keaton), gioca con alcune scene dei film del trio per dirci il tasso d’ispirazione dalla realtà e ci rivela la centralità di Chiedimi se sono felice, apice del terzetto, non solo per felicità narrativa ma soprattutto quale straordinario esempio di autofiction.


Aldo Baglio, Marina Massironi, Giovanni Storti, Giacomo Poretti in Attitudini: nessuna
(Laila Pozzo)Ma forse il valore aggiunto di Aldo, Giovanni e Giacomo – Attitudini: nessuna sta negli incontri. Sì, quelli con i mentori o i collaboratori (citiamo almeno i maestri di teatro Ida Kuniaki e Marina Spreafico, Adriana Parola e Fausto Sassi della tv dei ragazzi svizzera) ma soprattutto quello con Paola Galassi, prima regista di Aldo e Giovanni, che cela dietro le risate liberatorie l’amarezza per non aver accompagnato il duo (poi trio: Giacomo è entrato in un secondo momento) al cinema (“Non riesco a vedere i loro film” confessa). E quello con Marina Massironi, prima partner sul palco e nella vita di Poretti e poi indimenticata protagonista nei primi tre film, che mette i vecchi compagni di viaggio di fronte ai non detti e alle incomprensioni che hanno sfasciato un rapporto che si sarebbe comunque trasformato.
Sono lapilli di onestà – così come quelli che toccano l’angoscia per Fuga da Reuma Park, il flop più cocente che ha messo in discussione la tenuta della ditta – che accompagnano il pubblico in un racconto tanto divertente quanto malinconico, e che, avvicinandosi al finale, sembra rispondere implicitamente alla domanda più importante: c’è spazio, nel futuro, per qualcosa di nuovo (ovvero un film)? Che il grande avvenire sia dietro le spalle? Nella prima scena, i tre si vedono in un bar e spiegano che i comici, se sono tali, devono avere fame. Attitudini: nessuna sembra dirci che, in quanto trio e non come singoli, Aldo, Giovanni e Giacomo siano sazi.
