Film come onde che lambiscono territori cinematografici poco battuti. La sezione curata da Massimo Causo, appunto "Onde", è un oggetto insieme speciale e curioso che risplende proprio per la sua eccentricità all'interno del programma di Torino 32. Opere che superano i generi e le estetiche comuni per proiettarsi in spazi dove allo spettatore viene chiesta la massima apertura mentale unità a pazienza e curiosità. Come altrimenti disporsi alla visione di Abacuc di Luca Ferri, poema per immagini e suoni che canta l'esistenza dell'eroe eponimo, un omaccione di circa duecento chili di incredibile potenza espressiva? Corpo-oggetto che a dispetto del peso si libra leggero all'interno delle inquadrature, raccontato con il linguaggio e il bianco e nero tipici del cinema muto e con la provocatorietà dei film surrealisti.

Super8 in mano, Ferri inquadra Abacuc ponendolo al centro di cadre al limite dell'onirico esaltate da un montaggio e un commento musicale di rara efficacia. Quattro anni di lavoro ossessivo per dare forma a un film che sfugge alle classificazioni. La definizione più vicina potrebbe essere quella di sperimentale, ma è comunque limitante. Abacuc è un film inclassificabile teso a recuperare un linguaggio di grado zero che permetta al cinema di azzerare le stratificazioni di decenni per tornare allo stupore e alla purezza delle origini. Certo, non è un'opera per tutti. Ma, superato l'impatto iniziale, si rivela un'esperienza visiva emozionante.