Sarà che a forza di andirivieni tra passato e presente, realtà e immaginazione, ricordo e sogno, c’è da perderci l’orientamento, ma non si può certo dire che quello di Kogonada sia davvero un viaggio grande, audace e meraviglioso, letteralmente A Big Bold Beautiful Journey (nel sottotitolo italiano ci si limita all’anodino Un viaggio straordinario).

Architetto delle emozioni che, nel bilanciamento dei toni e la malinconia dello spirito, tiene sempre a mente il magistero di Ozu (tant’è che l’origine del nome d’arte è dovuta a Kogo Noda, sceneggiatore caro al maestro), Kogonada si fa travolgere dai tre attributi del titolo e non riesce a dominare la materia di cui è fatto un film naturalmente spericolato e ardito. Che, sì, espande quella dimensione tra concreto e artificiale già esplorata nel precedente After Yang, ma alza il tiro delle ambizioni entrando in quel territorio del metafisico così caro al cinema americano nei momenti di spaesamento.

È un ritorno a quel filone in cui lo spiraglio onirico e l’orizzonte fantastico sono strade per sfuggire alla noia borghese (La moglie del vescovo), alla depressione (Harvey), all’ordine delle cose (Big, esplicitamente citato), alla morte (Uno strano caso).

11440962 - A Big Bold Beautiful Journey
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E proprio le strade attraversano tutto il film di Kogonada, da quelle metropolitane a quelle che solcano i grandi spazi di un’America che è soprattutto il risultato di un repertorio filtrato soprattutto dall’immaginario cinematografico. E dove un uomo un po’ sgualcito e una donna apparentemente frivola si incontrano per caso al matrimonio di un amico comune e si ritrovano a bordo di una vecchia auto fuori commercio per rivivere momenti importanti dei loro rispettivi passati.

Che i due siano destinati alla love story è nelle intenzioni – e nelle condizioni – della commedia romantica (o del melodramma kitsch, il confine è labile), ma la cosa incredibile è che non c’è quasi niente di romantico nella chimica tra Colin Farrell e Margot Robbie, due bravi interpreti che sembrano prendersi carico delle aspettative verso un film che si rivela confuso e confusionario. È evidente, sin dal primo incontro con gli sposi ben contenti di far avvicinare i due single, quanto i personaggi sappiano che prima o poi dovranno baciarsi per testimoniare l’innamoramento e pagare dazio al genere, ma sembrano quasi rimandare continuamente non tanto l’appuntamento con l’amore quanto quello con la promessa del film romantico.

Kogonada e lo sceneggiatore Seth Reiss si divertono a battere la strada dell’irrazionale, del surreale, dell’assurdo per scassinare la serratura del reale, dall’accesso all’autonoleggio gestito da Phoebe Waller-Bridge e Kevin Kline (forse gli unici a capire il senso dell’operazione) alla voce del GPS che interagisce con i protagonisti imponendo la linea (in originale Jodie Turner-Smith) passando per i colori simbolici degli abiti che accentuano l’aspetto fantastico, le insegne ironicamente didascaliche che indicano scelte obbligate fino a bizzarrie visive di gusto new age.

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Margot Robbie and Colin Farrell star in A BIG BOLD BEAUTIFUL JOURNEY.

È un film scombinato: da una parte, questo viaggio consapevolmente stravagante sembra concentrarsi soprattutto sui traumi adolescenziali rimasti irrisolti; dall’altra, c’è il motivo amoroso appiccicato per indirizzare il pubblico e in fondo mai affrontato. Il finale è emblematico per raffazzonata sintesi: possibile che, dopo tanto navigare nel tempo e nello spazio, si imponga il pigro approdo sentimentale a due personaggi che non si capisce per quale motivo debbano stare insieme se non perché interpretati dalle due star in campo?

Alla fine questo seducente e gentile pasticcio non è grande (al massimo costoso: 45 milioni di dollari), non è audace (piuttosto sconsiderato) e non è meraviglioso (mancano l’incanto, la leggerezza, la vertigine).