(Cinematografo.it/Adnkronos) - Dopo un anno ritorna la polemica sul film La mafia non è più quella di una volta presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2019, dove si è aggiudicato il Premio Speciale della Giuria, e uscito nelle sale il 12 settembre scorso.

In occasione dell'uscita del film sulla piattaforma MioCinema, domenica 19 luglio alle ore 20.30, il regista Maresco sarebbe intenzionato - ha fatto sapere - ad accusare di censura Rai Cinema, che inizialmente aveva aderito al progetto per decidere di ritirare il logo dopo aver visto il film.

Rai Cinema aveva spiegato all’epoca che, pur rispettando la libertà di espressione dell’autore, con cui aveva lavorato già più volte in passato (Gli uomini di questa città io non li conosco, Come inguaiammo il cinema italiano, Il ritorno di Cagliostro, Io sono Tony Scott), non aveva potuto vedere la versione definitiva inviata direttamente dal regista alla Mostra di Venezia per la proiezione in anteprima mondiale e che, solo dopo aver potuto visionare il film, aveva rilevato che lo stesso era rispondente per una parte alle tematiche e al progetto condiviso, compresa la spettacolarizzazione del concetto di antimafia portato avanti nella dialettica tra la storica fotografa che ha raccontato la mafia, Letizia Battaglia, e Franco Maresco. Nella parte finale il film conteneva però elementi non prospettati e condivisi in fase progettuale che seminano dubbi e illazioni sulla famiglia Mattarella, attribuendo persino una connotazione di omertosità al Presidente della Repubblica per non aver commentato una sentenza. A quel punto Rai Cinema, anche in virtù del ruolo rivestito all’interno della Rai, avrebbe esercitato la sua facoltà di esprimere il proprio dissenso alla controparte, rispetto a contenuti non condivisibili e ritenuti potenzialmente offensivi, utilizzando le proprie prerogative contrattuali senza arrecare alcun danno al film in termini di uscita nelle sale e di visibilità. Di qui il disappunto del regista.

Presentato in concorso il 6 settembre scorso al Lido, La mafia non è più quella di una volta di Franco Maresco, si chiude infatti con una 'stilettata' al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Il film di Maresco, una docufiction nello stile dei precedenti lavori del regista palermitano, che ruota tutta intorno alla fatica che ancora molti palermitani fanno a dichiarare la loro distanza dalla mafia e all’omertà che regna sovrana, nel dare conto ad un certo punto della sentenza del processo sulla cosiddetta ‘trattativa’ Stato-mafia, sottolinea il silenzio sull’argomento del capo dello Stato. Questo silenzio diventa poi oggetto di un’intervista di Maresco al protagonista del film, lo stravagante organizzatore di feste di piazza Ciccio Mira, al quale il regista chiede se sia d’accordo con il silenzio di Mattarella. La risposta è positiva e la spiegazione di Mira è che “i palermitani ce l’hanno nel Dna il silenzio”.

Il film, la cui proiezione per la stampa al Lido fu punteggiata da risate e applausi, venne definito dallo stesso regista (che, come di consueto, non accompagnò l'opera alla Mostra) nelle note di regia affidate alla Biennale “l’inevitabile seguito di Belluscone. Una storia siciliana, presentato a Venezia nel 2014”.

Il racconto prende le mosse dal venticinquesimo anniversario delle stragi di Capaci e via D’Amelio, nel 2017. E il protagonista è ancora Ciccio Mira, lo stesso di ‘Belluscone’. Mira, da un lato si dichiara nostalgico della “mafia di una volta”, dall’altro sembra voler dare il suo contributo alla celebrazione dei due giudici eroi, organizzando un singolare evento nel quartiere Zen di Palermo: “i neomelodici per Falcone e Borsellino”. Evento che tradisce (mentre già qualcuno nel quartiere malfamato si infastidiva) ogni aspettativa perché né l’impresario né i cantanti hanno intenzione di dichiarare la loro avversione per la mafia, tanto che Falcone e Borsellino, in un crescendo di insensatezza, vengono definitivi eroi che hanno dato tanto a Palermo, “dall’illuminazione, ai giardini, agli asili nido”.

Questa volta, però, Maresco decide di inserire una coprotagonista che faccia da contraltare con la sua passione civile e politica, Letizia Battaglia, la fotografa oggi ultraottantenne che con i suoi scatti ha raccontato le guerre di mafia, definita dal New York Times una delle “undici donne che hanno segnato il nostro tempo” e sulla quale Maresco ha recentemente realizzato un documentario più tradizionale. Maresco, con la sua voce fuoricampo sempre vocata al disincanto, guida lo spettatore in questo duetto tra i palermitani che non vogliono in alcun modo parlare male della mafia (non riuscendo a far dire a nessuno ‘io dico no alla mafia) e la Battaglia. Dopo aver citato il silenzio di Mattarella sulla sentenza della ‘trattativa’, Maresco lo chiama in causa anche raccontando che Ciccio Mira vorrebbe chiedere al presidente la grazia per un suo nipote detenuto in regime di 41bis (ma l’impresario anche qui ammetterà solo di volergli chiedere un favore per una persona carissima e opporrà il silenzio sull’identità del detenuto). Per questo nel finale del film, il regista immagina che Mira organizzi allo Zen un altro evento: “I neomelodici per Sergio Mattarella”.

I contenuti del film agitarono le acque del Lido, nell'ultimo giorno del concorso di Venezia 2019. Ma gli unici due rappresentanti del film presenti alla Mostra gettarono acqua sul fuoco delle possibili polemiche.

“La cosa che viene evidenziata è che Mattarella non abbia fatto un intervento. Ma non c’è nessuna polemica contro Mattarella. A meno che non la inventiate voi. Mattarella è una persone perbene ma non ci fu un suo intervento. Nel film si dice solo questo”, disse il produttore del film, Rean Mazzone. “Mattarella non c'entra per niente, è una persona perbene, è un buon presidente. Io non so perché non prese parola, forse non voleva entrare in polemica”, aggiunse Letizia Battaglia.

A chiudere la polemica arrivò anche un comunicato del consigliere per la stampa e la comunicazione del Presidente della Repubblica: “Tra le cose che il Presidente della Repubblica non può fare vi è, ovviamente, quella di commentare i processi e le sentenze della Magistratura”. Ma a quasi un anno di distanza il film fa ancora discutere, forse per attirare l'attenzione di chi non l'ha ancora visto.