Con Showing Up di Kelly Reichardt e Un petite frère di Léonor Serraille si conclude oggi il concorso del 75mo Festival di Cannes. Domani sabato 28 maggio, con inizio alle 20.30, la cerimonia di premiazione.

Chi vincerà la Palma d’Oro? Quali i film che saranno premiati dalla giuria presieduta da Vincent Lindon con, tra gli altri, anche la nostra Jasmine Trinca tra i membri?

Come sempre è impossibile prevedere il palmares di un Festival, il più delle volte definito da meccanismi che travalicano il semplice concetto di bello o brutto, meritevole o immeritevole.

L’Italia ha qualche possibilità? Considerando che l’ultima Palma d’Oro ottenuta risale al 2001 con La stanza del figlio di Nanni Moretti, sognare un’affermazione di Mario Martone con Nostalgia non costa nulla, come non sarebbe del tutto fuori luogo immaginare un’affermazione in palmares per Valeria Bruni Tedeschi con Les amandiers e, perché no, sperare in Borghi e/o Marinelli coprotagonisti in Le otto montagne.

Pierfrancesco Favino  e  Mario Martone  - Foto Karen Di Paola
Pierfrancesco Favino  e  Mario Martone  - Foto Karen Di Paola
Pierfrancesco Favino e Mario Martone - Foto Karen Di Paola
Pierfrancesco Favino e Mario Martone - Foto Karen Di Paola

Dovranno vedersela però con la straordinaria interpretazione di Benoît Magimel in Pacifiction di Albert Serra, film che tra l’altro dovesse vincere la Palma d’Oro non avrebbe rubato nulla.

Stesso discorso vale per Close di Lukas Dhont, film che dal punto di visto “emotivo” (e non solo) potrebbe aver sparigliato le carte in tavola in tutti i discorsi affrontati fino a questo momento dai giurati.

E ottime possibilità ha anche Triangle of Sadness di Ruben Ostlund, che bisserebbe il trionfo del 2017 con The Square.

Gli Stati Uniti, poi, non trovano un’affermazione netta a Cannes dal 2011, quando la Palma d’Oro andò a The Tree of Life di Terrence Malick: Armageddon Time di James Gray potrebbe farcela? Forse sì, forse no.

Attenzione poi all’Iran di Ali Abbasi (Holy Spider, con l’attrice protagonista Zahra Amir Ebrahimi seria candidata ad un premio) e di Saeed Roustaee con Leila’s Brothers, saga familiare dalla durata monstre (2h 45’).

E, naturalmente, al Broker di Kore-eda, con Decision to Leave di Park Chan-wook da non sottovalutare.

Infine, è lecito attendersi – come avvenuto lo scorso anno con Titane di Julia Ducournau – che il premio più importante del Festival vada ad una regista donna? Molto difficile, ma nulla è impossibile: se fosse, naturalmente, speriamo sia per Les amandiers.