Tartarughe sul dorso

Un'affascinante Bobulova per l'esordio di Stefano Pasetto. Un film convincente ma forse troppo cerebrale

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ITALIA 2005
Nel parlatorio di una prigione, Lui e Lei stanno facendo una partita a Scarabeo attraverso cui ricostruiscono una serie di avvenimenti del loro passato, fatto di incontri mancati, frasi interrotte e baci mai dati, nonostante per un momento siano stati tanto vicini da poter finalmente realizzare il loro amore...
SCHEDA FILM

Regia: Stefano Pasetto

Attori: Barbora Bobulova - Lei, Fabrizio Rongione - Lui, Gordana Miletic - Zia, Luigi Diberti - Dirimpettaio, Vittorio Amandola - Pasticciere, Antonio Manzini - Primario, Caterina Casini - Prima Collega, Lucia Mascino - Seconda Collega, Chiara Sani - Figlia Pasticcere, Giulietta Revel - Cliente Pasticceria

Soggetto: Marina Fabbri, Stefano Pasetto, Carmelo Marabello

Sceneggiatura: Stefano Pasetto, Marina Fabbri, Carmelo Marabello

Fotografia: Paolo Bravi

Musiche: Banda Osiris

Montaggio: Alessio Doglione

Scenografia: Carlo Rescigno

Costumi: Rosalia Guzzo

Durata: 92

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Produzione: SINTRA

Distribuzione: ISTITUTO LUCE (2005)

Data uscita: 2005-05-06

NOTE
- PRESENTATO ALLE "GIORNATE DEGLI AUTORI", VENEZIA 2004.

- CANDIDATO AL NASTRO D'ARGENTO 2006 PER: REGIA PER UN'OPERA PRIMA, COLONNA SONORA.

- STEFANO PASETTO E' CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2006 COME MIGLIOR REGISTA ESORDIENTE.
CRITICA
"In un equilibrismo temporale, Stefano Pasetto, il regista di 'Tartarughe sul dorso' al suo debutto nel lungometraggio, sceglie efficacemente, in controtendenza, di immergere la storia nella dimensione rarefatta di una Trieste impersonale, dove magicamente basta sfiorarsi, a volte, per riconoscersi. E questo sfiorarsi, con parole, oggetti, ricordi è stato da sempre il cammino comune scelto dai due protagonisti: intensa e convincente Barbora Bobulova, eccessivo nel ripiegamento e nella rabbia Fabrizio Rongione. Più volte hanno incrociato i propri destini, come quelle frasi scomposte e poi ricomposte nel loro gioco preferito, lo Scarabeo. Ma in fondo nessuno dei due è riuscito nel passo decisivo, il ribaltamento di una prospettiva di vita. Parabola ben costruita della solitudine contemporanea, per sfuggire al melò il film rischia talvolta di diventare asettico." (Leonardo Jattarelli, 'Il Messaggero', 6 maggio 2005)

"L'esordiente Pasetto ha voluto un film di metafore, di 'parole non dette', di suggestioni, di associazioni, d'immagini. Sicuramente non d'intreccio. E aveva probabilmente molto presente un modello: quello del polacco Kieslowski, mago nell'inseguire le casualità della vita. Punto di riferimento per molti cineasti, anche un po' pericolosamente. Perché governare certe atmosfere, non detti e salti temporali, è difficile e si rischia la confusione. (...) Rispetto, interesse, ma non si può dire riuscito." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 6 maggio 2005)

"'I giorni della tartaruga' (metaforica ma anche reale), sentimenti vissuti con inutile pazienza, corazzati verso un mondo esterno che non capisce, non accetta, non perdona. Raccontato in flashback, un amore fragile e disperato, esile e complicato, che parte dall' infanzia ma si scontra contro la vita: non resta che giocare a Scarabeo, dalla prigione. Un altro gioco di pazienza, come quello affettivo. (...) Il regista deb, molto preparato, è Stefano Pasetto, che rischia il formalismo. Lui è Fabrizio Rongione, dei fratelli Dardenne, citati non a caso: un film sulla forza del destino, un buon, esile esordio." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 7 maggio 2005)

"La trama è da mélo; ma lo stile, raggelato, spinge in secondo piano gli eventi per dare spazio alle sensazioni e all'impotenza sentimentale dei personaggi." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 9 settembre 2004)