IL VIAGGIO DELLA SPOSA

ITALIA 1997
Nel Seicento, nell'Italia del sud, Porzia, giovane di nobile condizione, deve essere prelevata dal convento in cui è stata educata per essere condotta dal promesso sposo vicino a Bari. Durante il percorso, una banda di briganti assale il gruppo, la scorta viene sterminata, unici superstiti rimangono la ragazza e un rozzo stalliere di nome Bartolo. I due decidono di proseguire il cammino, anche se sono talmente diversi da nutrire diffidenza l'uno per l'altro. Incontri imprevisti, rischi, pericoli, vita disagiata, cibo raccolto qua e là caratterizzano il viaggio. Per la giovane aristocratica, che aveva conosciuto la vita solo sui libri, si tratta dell'incontro con una realtà difficile nella quale però a poco a poco cerca di trovare i lati migliori. Bartolo, che le sembrava incapace e ignorante, diventa per lei un maestro involontario che le insegna la difficile arte del vivere. A sua volta lei gli insegna a scrivere e a leggere. Anni dopo, l'anziano Bartolo riceve una lettera da Porzia, sposa e madre felice, che lo ringrazia per l'esperienza vissuta insieme.
SCHEDA FILM

Regia: Sergio Rubini

Attori: Umberto Orsini - Don Diego, Franco Javarone - Antuono, Maria Rosario Salerno - Cecilia, Carlo Mucari - Capitano Palagano, Giovanna Mezzogiorno - Porzia, Sergio Rubini - Bartolo

Soggetto: Sergio Rubini, Umberto Marino

Sceneggiatura: Raffaele Nigro, Sergio Rubini, Umberto Marino, Filippo Ascione

Fotografia: Italo Petriccione

Musiche: Germano Mazzocchetti

Montaggio: Angelo Nicolini

Scenografia: Luca Gobbi

Costumi: Maurizio Millenotti

Durata: 104

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI

Produzione: VITTORIO E RITA CECCHI GORI PER LA C.G.G. TIGER CIN.CA

Distribuzione: CECCHI GORI DISTRIBUZIONE (1997) - CECCHI GORI HOME VIDEO

NOTE
- PRESENTATO ALLA SEZIONE MEZZANOTTE VENEZIA 1997.
- REVISIONE MINISTERO LUGLIO 1997.
CRITICA
"Le cose che non convincono non sono poche, non ultima la rivelazione finale con l'analfabeta dal cuore d'oro che, approssimandosi il secolo dei Lumi, è diventato maestro elementare con gli occhialini. Ma a lasciar perplessi è il senso ultimo di tutta l'operazione, che tira avanti tra cavalli scalpitanti e scene di natura vergine per pura sete d'avventura. Anche se si afferma, alla fine, l'interessante concetto, che anticipa la democrazia sulle frange feudali, che le condizioni di censo non devono ostacolare le vie del cuore. Sergio Rubini, con capelli lunghi e storti, colorisce a dovere Il suo personaggio; Giovanna Mezzogiorno lo pastella appena (il suo modello è la Julia Ormond del 'Primo cavaliere' col Lancillotto Richard Gere)." (Franco Colombo, 'L'Eco di Bergamo', 7 settembre 1997)

"La mancanza di un vero lieto fine, però, non impedisce alla favola di proporsi spesso in modo un po' convenzionale. Il tema della dignità imparata e conquistata nel corso di un viaggio da un uomo di condizione modesta è il nocciolo della storia e tende anche a darle un suo senso di alternato a vari episodi di intonazione quasi comica mal inseriti nel resto. Le intenzioni di far cultura sono evidenti, da una parte, però sembra farsi avanti con insistenza il bozzetto, dall'altra ci si disperde in citazioni un po' gozze della Commedia dell'Arte, senza mai una vera unità di gusto e una controllata logica estetica. Sergio Rubini, come attore, invece, barbuto baffuto e con i capelli lunghi, riesce sempre a dominare con efficacia sicura il suo personaggio prestandogli anche accenti vernacoli di particolarissimo sapore: tanto più colto nell'inventarli quanto più sembra immediato e popolare. Gli dà la replica Giovanna Mezzogiorno, figlia del compianto Vittorio: un bel faccino espressivo, la voce però non sembra sempre esattamente impostata." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 12 settembre 1997)

"Un po' avventura iniziatica e un po' romanzo picaresco, 'Il viaggio della sposa' è un film dove si intrecciano storia e favola, cronaca e costume. Anche se la fiaba prevale sulle altre componenti, si tratta pur sempre di una favola che non scantona dai binari del realismo. Per cui, alla fine, il ranocchio rimane ranocchio e la principessa non sposa lo stalliere. Storia di un amore impossibile, dunque, ma vero, autentico, e perciò destinato a sopravvivere nel tempo. (…) Piacevole e convincente, al fascino solare di una vicenda ben calata nel paesaggio che le fa da cornice Il viaggio della sposa unisce la riscoperta di una virtù assai rara: quella del buon senso della quale anche il protagonista coglierà i frutti." (Enzo Natta, 'Famiglia Cristiana', 8 ottobre 1997)