Troppo forte

ITALIA 1986
Oscar Pettinari è un giovanottone grosso e vociante quanto semplice e mite. Suggestionato dalle immagini di Stallone e di Rambo, si è messo in testa di fare il cascatore. A capo di una banda di borgatari romani, tutti in sella alle loro amatissime moto, Oscar cerca di farsi un sia pur modesto nome nel mondo della celluloide. Ma il suo viso da "buono" è troppo in contrasto con i giubbotti tutti borchie e la benda nera sulla fronte. Mal consigliato da un azzeccagarbugli che circola nei viali di Cinecittà, Oscar si getta con la moto contro la Rolls Royce di un produttore americano, confidando in indennizzi e scritture. La macchina, però, è guidata da Nancy, la giovane diva del film in cantiere la quale, lievemente ferita al volto nell'incidente, perde il ruolo ed il contratto. Mentre il produttore parte per affari a Londra, Oscar ospita la donna nel suo modestissimo alloggio di periferia, la nutre e la assiste e lei, senza un soldo in tasca, spreca bigliettoni in telefonate oltre Oceano, cercando aiuto nell'intento di riprendere il lavoro. Ad Oscar premono invece i cinque milioni di indennizzo che, a dire dell'avvocato chiacchierone, il produttore dovrà pur dargli. Per raggiungere lo scopo desiderato, lo sfortunato Oscar dovrà incappare in varie avventure, impegnandosi in una spericolata gara motociclistica nella zona fluviale di Roma (la vincerà, ma sarà contestato e picchiato dalla cricca di Murena, il bullo perdente) e lottando contro le lusinghe ed i cavilli del produttore americano suddetto che, rientrato a Roma, sta per offrirgli un buon contratto. Ma, al momento della firma, l'onnipresente e frenetico avvocato piomba sul suo cliente e lo dissuade facendogli balenare il miraggio di ottenere ancora più quattrini, per lasciarlo infine più bastonato che mai. Lo stesso avvocato altri non è che un povero folle, del quale due vecchie sorelle ben conoscono le allucinazioni e le imprese sotto mentite spoglie (di volta in volta, egli è legale, veterinario, coreografo ed altro ancora). Intanto Nancy è raggiunta a Roma dal marito e ripartirà per gli Stati Uniti, dove l'aspettano la casa, una bambina e la rinuncia ai propri sogni di celebrità. Non restano al povero Oscar che il ricordo di quella graziosa aspirante-diva e la speranza che, finalmente, il cinema si accorga delle sue capacità di "stuntman" tutto fare. Di male, in ogni caso, se ne potrà fare un po' di meno poiché, per ascoltare quel matto di avvocato e rendere più pesante il conto da presentare al produttore americano, gli è stata pure asportata la milza...
SCHEDA FILM

Regia: Carlo Verdone

Attori: Carlo Verdone - Oscar Pettinari, Alberto Sordi - Avv. Giangiacomo Pigna Corelli, Stella Hall - Nancy, Sal Da Vinci - Capua, Mario Brega - Sergio, John Steiner - Adams, il produttore, Elsa Vazzoler - La sora Erminia, Marco Maggioni - Il dottore, Eolo Capritti - Una comparsa, Ulisse Minervini - Murena, Francesca Dominici - Susan Taylor, Giordano Falzoni - Frank, Mario Vivaldi - Rollins, Franco Manino

Soggetto: Rodolfo Sonego, Carlo Verdone, Sergio Leone

Sceneggiatura: Rodolfo Sonego, Carlo Verdone, Sergio Leone, Alberto Sordi

Fotografia: Danilo Desideri, Idelmo Simonelli - operatore

Musiche: Antonello Venditti

Montaggio: Nino Baragli

Scenografia: Franco Velchi

Costumi: Raffaella Leone

Altri titoli:

Great!

Durata: 110

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Specifiche tecniche: PANORAMICA, EASTMANCOLOR, TELECOLOR

Produzione: AUGUSTO CAMINITO PER SCENA FILM, SERGIO LEONE PER RAFRAN (NON ACCREDITATO)

Distribuzione: TITANUS (1986) - RICORDI VIDEO

NOTE
- IL FILM MOSTRA UNA ROMA POCO CONOSCIUTA, QUELLA DEL PORTO FLUVIALE, DELLE CAVE DI POZZOLANA, E LA SPIAGGIA LIBERA DI TORVAIANICA.

- IN QUESTO FILM, VERDONE HA VOLUTO ACCANTO A SE' IL SUO "MAESTRO", SERGIO LEONE COME SUPERVISORE E REGISTA (NON ACCREDITATO) DI ALCUNE SEQUENZE, FRA CUI QUELLA IN CUI OSCAR ENTRA A CINECITTA' INSIEME AGLI AMICI PER SOSTENERE UN PROVINO.
CRITICA
"'Troppo forte' è un film medio, senza infamia e senza lode, che pallidamente vorrebbe lasciare qualche graffio di satira su quei bolli tutti cuoio e spuntoni di acciaio, oltre che - forse, ma non ne siamo poi così sicuri - su certo sottobosco di Cinecittà, facendo perno su di un personaggio corposo e bonaccione, velleitario e di solito perdente come il nostro Oscar. Contrariamente agli incensi profusi da larga parte della critica, non ci pare affatto che l'operazione (tra l'altro inutilmente lunga) possa dirsi pienamente riuscita. Carlo Verdone ripete se stesso. E' già cliché, che può andare per il quarto d'ora di uno 'sketch' televisivo, non certo resistere e reggere un film tutto intero. Un film nel quale, e questo è un bel guaio, non si riesce ad avvertire una genuina e frizzante inventiva, né una sola situazione comica, da cui scaturisca, per corrispondere alle attese, una concatenazione di eventi stimolanti e divertenti. L'inizio è discreto, il finale all'aeroporto di Fiumicino scontatissimo: nel mezzo, la diluizione e la dispersività la fanno da padroni. Qualche battutina in quasi due ore di proiezione non basta a far emergere trama e personaggi dall'uggia innegabile. Si può togliere all'eroe la milza ma, per sfortunato e in fondo simpatico che egli sia, tale operazione serve poco allo spettacolo. Senza dubbio si tratta di una commedia, ma comica fino a qual punto? Verdone piace al pubblico per la sua carica appunto di simpatia e di semplicità, per quella stessa faccia di buono, che nel film gli impedisce di essere ingaggiato in qualità di sterminatore stile Rambo: però l'attore si ripete troppo e rischia di restare ingessato nella sua stessa mitezza e sobrietà, per la naturale mancanza di una vera gamma espressiva e, ammettiamolo, di una contagiosa vis comica. Si può certamente, in scena o sul 'set', 'fare il duro' sopra le righe e in questo riuscire, giubbotti e sgommate aiutando: non si può invece 'fare il comico'. A 'Troppo forte' è stata assicurata la partecipazione straordinaria di Alberto Sordi, che interpreta lo pseudo-avvocato di Oscar. Come tutti gli italiani, a Sordi ed ai suoi impagabili personaggi siamo sinceramente affezionati, ma la sua partecipazione, per straordinaria che sia, ci appare penosa ed irritante. Va da sé che quel 'paglietta' d'accatto non è che un uomo bislacco e una macchietta ridicola, a cui bisognava pur dare corpo e vita. Però i tempi, le mossette e perfino la voce alla Mario Pio sono, via, assai lontani; certi tic e ammiccamenti, certa maniera di guardare e sbarrare occhi allucinati, troppo ripetitivi ed insistiti. Ad un attore comico della stoffa dell'Alberto nazionale, i panni, il cappelluccio e lo stile di quell'azzeccagarbugli vanno visibilmente strettissimi." ('Segnalazioni cinematografiche', vol. 100, 1986)

"Gli storici futuri, che vorranno usare le maschere del cinema italiano per uno studio comparato del costume, divideranno i decenni con qualche bruscheria: di là un Sordi cinico, arrogante, vile al bisogno, ma soddisfatto di sé (l'Italia rampante alla conquista di privilegi e status); di qua Verdone, timido, ironico, disilluso, imitatore per darsi sicurezza come lo Zelig di Woody Allen (l'Italia della crisi corporativa e del mascilismo sconfitto). Quando sono insieme i due attori tendono magari inconsapevolmente a esagerare, come in 'Troppo forte', i loro ruoli simbolici: Verdone sempre più intimidito e lunare, sospettoso persino delle proprie imitazioni; Sodi incanaglito e sopraffattore, nostalgico del suo passato e violento nel suo presente, un grande gigione, un'inquietante macchietta." (Sergio Reggiani, "La Stampa", 8 febbraio 1986).